Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 SCENA XIX
 
 IARBA con guardie e detti
 
 IARBA
1270Fermati.
 DIDONE
                    Oh dei!
 IARBA
                                     Dove così smarrita?
 Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
 Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tende.
 DIDONE
1275Lo so, questo è il momento
 delle vendette tue. Sfoga il tuo sdegno,
 or ch'ogn'altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
 Già ti difende Enea, tu sei sicura.
 DIDONE
 Alfin sarai contento.
1280Mi volesti infelice, eccomi sola,
 tradita, abbandonata,
 senza Enea, senza amici e senza regno.
 Timida mi volesti. Ecco Didone,
 già sì fastosa e fiera, a Iarba accanto
1285alfin discesa alla viltà del pianto.
 Vuoi di più? Via crudel passami il core,
 è rimedio la morte al mio dolore.
 IARBA
 (Cedon gli sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi pietà).
 OSMIDA
                                        (Soccorso o dei).
 IARBA
1290E pur, Didone, e pure
 sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà, meco ne vieni.
 L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto, al trono.
 DIDONE
1295Io sposa d'un tiranno,
 d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
 non conosce dover, non cura amore!
 S'io fossi così vile
1300saria giusto il mio pianto;
 no, la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora?
 Olà, miei fidi andate,
 s'accrescano le fiamme. In un momento
1305si distrugga Cartago e non vi resti
 orma d'abitator che la calpesti. (Partono due guardie)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno. (A Iarba)
 IARBA
 Or potrai con ragion dirmi tiranno.
 
    Cadrà fra poco in cenere
1310il tuo nascente impero
 e ignota al passaggiero
 Cartagine sarà.
 
    Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba,
1315non meriti superba
 soccorso, né pietà.
                                    Cadrà, et cetera (A Didone e parte)