Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 SCENA XX
 
 DIDONE, SELENE, OSMIDA
 
 OSMIDA
 Cedi a Iarba o Didone.
 SELENE
 Conserva colla tua la nostra vita.
 DIDONE
 Solo per vendicarmi
1320del traditor Enea,
 ch'è la prima cagion de' mali miei,
 l'aure vitali io respirar vorrei.
 Ah faccia il vento almeno,
 faccian almen gli dei le mie vendette.
1325E folgori e saette
 e turbini e tempeste
 rendano l'aure e l'onde a lui funeste.
 Vada ramingo e solo e la sua sorte
 così barbara sia
1330che si riduca ad invidiar la mia.
 SELENE
 Deh modera il tuo sdegno, anch'io l'adoro
 e soffro il mio tormento.
 DIDONE
                                               Adori Enea?
 SELENE
 Sì, ma per tua cagion...
 DIDONE
                                             Ah disleale
 tu rivale al mio amor?
 SELENE
                                           Se fui rivale
1335ragion non hai...
 DIDONE
                                 Dagl'occhi miei t'invola,
 non accrescer più pene
 ad un cor disperato.
 SELENE
 (Misera donna ove la guida il fato!) (Parte)
 OSMIDA
 Crescon le fiamme e tu fuggir non curi?
 DIDONE
1340Mancano più nemici? Enea mi lascia,
 trovo Selene infida,
 Iarba m'insulta, e mi tradisce Osmida.
 Ma che feci empi numi? Io non macchiai
 di vittime profane i vostri altari.
1345Né mai di fiamma impura
 feci l'are fumar per vostro scherno.
 Dunque perché congiura
 tutto il ciel contro me, tutto l'inferno?
 OSMIDA
 Ah pensa a te, non irritar gli dei.
 DIDONE
1350Che dei? Son nomi vani,
 son chimere sognate o ingiusti sono.
 OSMIDA
 (Gelo a tanta empietade! E l'abbandono). (Parte.)