Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

                                               Già vedi Enea
995che fra nemici è il mio nascente impero.
 Sprezzai finora, è vero,
 le minaccie e ’l furor; ma Iarba offeso
 quando priva sarò del tuo sostegno,
 mi torrà per vendetta e vita e regno.
1000In così dubbia sorte
 ogni rimedio è vano.
 Deggio incontrar la morte
 o al superbo african porger la mano.
 L’un e l’altro mi spiace e son confusa.
1005Alfin femmina e sola,
 lungi dal patrio ciel perdo il coraggio
 e non è meraviglia
 s’io risolver non so; tu mi consiglia.
 ENEA
 Dunque fuor che la morte
1010o il funesto imeneo,
 trovar non si potria scampo migliore?
 DIDONE
 V’era purtroppo.
 ENEA
                                  E quale?
 DIDONE
 Se non sdegnava Enea d’esser mio sposo,
 l’Africa avrei veduta
1015dall’arabico seno al mar d’Atlante
 in Cartago adorar la sua regnante.
 E di Troia e di Tiro
 rinnovar si potea... Ma che ragiono?
 L’impossibil mi fingo e folle io sono.
1020Dimmi, che far degg’io? Con alma forte,
 come vuoi, sceglierò Iarba o la morte.
 ENEA
 Iarba o la morte! E consigliarti io deggio?
 Colei che tanto adoro
 all’odiato rival vedere in braccio?
1025Colei...
 DIDONE
                Se tanta pena
 trovi nelle mie nozze, io le ricuso.
 Ma per tormi agl’insulti
 necessario è il morir. Stringi quel brando,
 svena la tua fedele;
1030è pietà con Didone esser crudele.
 ENEA
 Ch’io ti sveni? Ah più tosto
 cada sopra di me del ciel lo sdegno.
 Prima scemin gli dei,
 per accrescer tuoi giorni, i giorni miei.
 DIDONE
1035Dunque a Iarba mi dono. Olà. (Esce un paggio)
 ENEA
                                                          Deh ferma.
 Troppo, oh dio, per mia pena
 sollecita tu sei.
 DIDONE
                              Dunque mi svena.
 ENEA
 No, si ceda al destino; a Iarba stendi
 la tua destra real; di pace priva
1040resti l’alma d’Enea, pur che tu viva.
 DIDONE
 Già che d’altri mi brami
 appagarti saprò. Iarba si chiami. (Parte il paggio e un altro porta da sedere per Iarba)
 Vedi quanto son io
 ubbidiente a te.
 ENEA
                                Regina addio. (Si levano da sedere)
 DIDONE
1045Dove dove? T’arresta.
 Del felice imeneo
 ti voglio spettatore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza o core).
 
 SCENA XV
 
 IARBA e detti
 
 IARBA
 Didone a che mi chiedi?
1050Sei folle se mi credi
 dall’ira tua, da tue minacce oppresso.
 Non si cangia il mio cor, sempre è l’istesso.
 ENEA
 (Che arroganza!)
 DIDONE
                                  Deh placa
 il tuo sdegno o signor. Tu col tacermi
1055il tuo grado e ’l tuo nome
 a gran rischio esponesti il tuo decoro.
 Ed io... Ma qui t’assidi
 e con placido volto
 ascolta i sensi miei.
 IARBA
                                       Parla, t’ascolto. (Siedono Iarba e Didone)
 ENEA
1060Permettimi che ormai... (In atto di partire)
 DIDONE
                                                Fermati e siedi. (Ad Enea)
 Troppo lunghe non fian le tue dimore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza o core). (Siede)
 IARBA
 Eh vada. Allor che teco
 Iarba soggiorna, ha da partir costui.
 ENEA
1065(Ed io lo soffro).
 DIDONE
                                 In lui
 invece d’un rival trovi un amico.
 Ei sempre a tuo favore
 meco parlò; per suo consiglio io t’amo.
 Se credi menzognero
1070il labbro mio, dillo tu stesso. (Ad Enea)
 ENEA
                                                       È vero.
 IARBA
 Dunque nel re de’ Mori
 altro merto non v’è che un suo consiglio?