Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

 SCENA IV
 
 ENEA, poi IARBA
 
 ENEA
665Io sento vacillar la mia costanza
 a tanto amore appresso;
 e mentre salvo altrui, perdo me stesso.
 IARBA
 Che fa l'invitto Enea? Gli veggo ancora
 del passato timore i segni in volto.
 ENEA
670Iarba da' lacci è sciolto!
 Chi ti diè libertà?
 IARBA
                                    Permette Osmida
 che per entro la reggia io mi raggiri;
 ma vuol ch'io vada errando
 per sicurezza tua senza il mio brando.
 ENEA
675Così tradisce Osmida
 il comando real?
 IARBA
                                 Dimmi, che temi?
 Ch'io fuggendo m'involi a queste mura?
 Troppo vi resterò per tua sventura.
 ENEA
 La tua sorte presente
680fa pietà, non timore.
 IARBA
 Risparmia al tuo gran core
 questa pietà. D'una regina amante
 tenta pure a mio danno,
 cerca pur d'irritar gli sdegni insani.
685Con altr'armi non sanno
 le offese vendicar gli eroi troiani.
 ENEA
 Leggi. La regal donna in questo foglio
 la tua morte segnò di propria mano.
 S'Enea fosse africano,
690Iarba estinto saria. Prendi ed impara,
 barbaro, discortese,
 come vendica Enea le proprie offese. (Lacera il foglio e parte)