Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

 Iarba m’insulta e mi tradisce Osmida.
 Ma che feci empi numi! Io non macchiai
 di vittime profane i vostri altari
 né mai di fiamma impura
1560feci l’are fumar per vostro scherno.
 Dunque perché congiura
 tutto il ciel contro me, tutto l’inferno?
 OSMIDA
 Ah pensa a te, non irritar gli dei.
 DIDONE
 Che dei? Son nomi vani,
1565son chimere sognate o ingiusti sono.
 OSMIDA
 (Gelo a tanta empietade! E l’abbandono). (Parte. Cadono alcune fabbriche e si vedono crescer le fiamme nella reggia)
 
 SCENA ULTIMA
 
 DIDONE
 
 DIDONE
 Ah che dissi infelice? A qual eccesso
 mi trasse il mio furore?
 Oh dio! Cresce l’orrore; ovunque io miro
1570mi vien la morte e lo spavento in faccia,
 trema la reggia e di cader minaccia.
 Selene, Osmida, ah tutti
 tutti cedeste alla mia sorte infida,
 non v’è chi mi soccorra o chi m’uccida.
 
1575   Vado... Ma dove?... Oh dio!
 Resto... Ma poi, che fo!...
 Dunque morir dovrò
 senza trovar pietà?
 
 E v’è tanta viltà nel petto mio?
1580No no, si mora e l’infedele Enea
 abbia nel mio destino
 un augurio funesto al suo cammino.
 Precipiti Cartago,
 arda la reggia e sia
1585il cenere di lei la tomba mia.
 
 IL FINE
 
 
 DIDONE ABBANDONATA
 
    Tragedia di Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e cattolica, da rappresentarsi in musica nel carnevale dell’anno 1747 nel teatro detto di Torre Argentina, dedicata all’eminentissimo e reverendissimo principe, il signor Cardinale Alessandro Albani.
    In Roma, nella stamperia di Antonio de’ Rossi, con licenza de’ superiori, si vende dal medesimo stampatore nella strada del Seminario Romano vicino alla Rotonda.
 
 Eminentissimo principe,
    Didone abbandonata parto felice della celebre penna del degnissimo signor abate Pietro Metastasio dovendo comparire di nuovo al pubblico nel presente carnevale, e chiedendomi un protettore da cui possa ricevere luce maggiore di quella gli ha recato l’autore, io tale non l’ho potuto rinvenire che nell’eminenza vostra a cui di nuovo lo presento colla speranza che si degni accoglierlo benignamente, come è stile del suo animo grande: e con ogni venerazione inchinandomi sono al bacio della sagra porpora di vostra eminenza umilissimo devotissimo ossequiosissimo servitore.
 
     Gaetano Roccaforte
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: luogo magnifico per le pubbliche udienze con trono e veduta della città di Cartagine; cortile della reggia; tempio di Nettuno.
    Nell’atto secondo: appartamenti reali; camera con sedie.
    Nell’atto terzo: porto di mare con navi; arborata tra la città e il porto; reggia con veduta della città di Cartagine che poi s’incendia.
 
    Ingegnere delle scene il signor Pietro Orta bresciano.
 
 
 PERSONAGGI
 
 DIDONE ELISA regina di Cartagine, amante di Enea