Didone abbandonata, partitura ms. A-Wn, 1763

 ENEA
 Almen dal labro mio
 con volto meno irato
 prendi l’ultimo addio.
 DIDONE
                                           Lasciami ingrato.
 ENEA
 E pure a tanto sdegno
505non hai ragion di condannarmi.
 DIDONE
                                                            Indegno.
 
    Non ha ragione ingrato
 un core abbandonato
 da chi giurogli fé?
 
    Anime innamorate,
510se lo provaste mai
 ditelo voi per me.
 
    Perfido tu lo sai
 se in premio un tradimento
 io meritai da te.
 
515   E qual sarà tormento,
 anime innamorate,
 se questo mio non è! (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 ENEA
 
 ENEA
 E soffrirò che sia
 sì barbara mercede
520premio della tua fede anima mia?
 Tanto amor, tanti doni...
 Ah pria ch’io t’abbandoni,
 pera l’Italia, il mondo,
 resti in oblio profondo
525la mia fama sepolta,
 vada in cenere Troia un’altra volta.
 Ah che dissi! Alle mie
 amorose follie
 gran genitor perdona, io n’ho rossore,
530non fu Enea che parlò; lo disse amore.
 Si parta. E l’empio moro
 stringerà il mio tesoro?
 No... Ma sarà frattanto
 al proprio genitor spergiuro il figlio?
535Padre, amor, gelosia, numi consiglio.
 
    Se resto sul lido,
 se sciolgo le vele
 infido, crudele
 mi sento chiamar.
 
540   E intanto confuso
 nel dubbio funesto,
 non parto, non resto
 ma provo il martire
 che avrei nel partire,
545che avrei nel restar.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA