Didone abbandonata, partitura ms. A-Wn, 1763

 Riposo ancor non mi concede il cielo.
 SELENE
 Perché?
 OSMIDA
                  Con qual favella
 il lor voler ti palesaro i numi?
 ENEA
 Osmida, a questi lumi
20non porta il sonno mai suo dolce oblio
 che il rigido sembiante
 del genitor non mi dipinga innante.
 «Figlio» ei dice e l’ascolto «ingrato figlio,
 quest’è d’Italia il regno
25che acquistar ti commise Apollo ed io?
 L’Asia infelice aspetta
 che in un altro terreno,
 opra del tuo valor, Troia rinasca.
 Tu ’l promettesti; io nel momento estremo
30del viver mio la tua promessa intesi,
 allor che ti piegasti
 a baciar questa destra e mel giurasti.
 E tu fra tanto ingrato
 alla patria, a te stesso, al genitore
35qui nell’ozio ti perdi e nell’amore?
 Sorgi, de’ legni tuoi
 tronca il canape reo, sciogli le sarte»;
 mi guarda poi con torvo ciglio e parte.
 SELENE
 Gelo d’orror. (Dal fondo della scena cominciano a comparire le guardie di Didone)
 OSMIDA
                            (Quasi felice io sono.
40Se parte Enea, manca un rivale al trono).
 SELENE
 Se abbandoni il tuo bene
 morrà Didone (e non vivrà Selene).
 OSMIDA
 La regina s’appressa.
 ENEA
 (Che mai dirò?)
 SELENE
                                 (Non posso
45scoprire il mio tormento).
 ENEA