Ezio, libretto, Parigi, Quillau, 1755

 (la signora Maria Masi Giura)
 ENEA
 (il signor Giuseppe Aprile)
 IARBA re de’ Mori sotto nome d’Arbace
 (il signor Arcangelo Cortoni)
 SELENE sorella di Didone e amante occulta d’Enea
 (la signora Monaca Buonani)
 ARASPE confidente di Iarba ed amante di Selene
 (il signor Pietro Santi)
 OSMIDA confidente di Didone
 (il signor Francesco Ciaccheri)
 
 Comparse di cavalieri, paggi, guardie reali, soldati cartaginesi, soldati mori, soldati troiani, conduttori di tigri, leoni ed altri doni, marinari.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo magnifico destinato per le publiche udienze, con trono da un lato. Veduta in prospetto della città di Cartagine che sta edificandosi.
 
 ENEA, SELENE, OSMIDA
 
 ENEA
 No principessa, amico,
 sdegno non è, non è timor, che muove
 le frigie vele e mi trasporta altrove.
 So che m’ama Didone,
5purtroppo il so, né di sua fé pavento.
 L’adoro e mi rammento
 quanto fece per me, non sono ingrato.
 Ma ch’io di nuovo esponga
 all’arbitrio dell’onde i giorni miei
10mi prescrive il destin, voglion gli dei.
 E son sì sventurato
 che sembra colpa mia quella del fato.
 SELENE
 Se cerchi al lungo error riposo e nido,
 te l’offre in questo lido
15la germana, il tuo merto e il nostro zelo.
 ENEA
 Riposo ancor non mi concede il cielo.
 SELENE
 Perché?
 OSMIDA
                  Con qual favella
 il lor voler ti palesaro i numi?
 ENEA
 Osmida, a questi lumi
20non porta il sonno mai suo dolce obblio
 che il rigido sembiante
 del genitor non mi dipinga innante.
 « Figlio » ei dice e l’ascolto « ingrato figlio,
 quest’è d’Italia il regno
25che acquistar ti commise Apollo ed io?
 L’Asia infelice aspetta
 che in un altro terreno,
 opra del tuo valor, Troia rinasca.
 Tu ’l promettesti; io nel momento estremo
30del viver mio la tua promessa intesi,
 allor che ti piegasti
 a baciar questa destra e mel giurasti.
 E tu fra tanto ingrato
 alla patria, a te stesso, al genitore
35qui nell’ozio ti perdi e nell’amore!
 Sorgi; de’ legni tuoi
 tronca il canape reo, sciogli le sarte ».
 Mi guarda poi con torvo ciglio e parte.
 SELENE
 Gelo d’orror. (Dal fondo della scena cominciano a comparire le guardie di Didone)
 OSMIDA
                            (Quasi felice io sono;
40se parte Enea, manca un rivale al trono).
 SELENE
 Se abbandoni il tuo bene,
 morrà Didone (e non vivrà Selene).
 OSMIDA
 La regina s’appressa.
 ENEA
 (Che mai dirò?)
 SELENE
                                 (Non posso
45scoprire il mio tormento).
 ENEA
 (Difenditi mio core, ecco il cimento).
 
 SCENA II
 
 DIDONE con seguito e detti
 
 DIDONE
 Enea, d’Asia splendore,
 di Citerea soave cura e mia,
 vedi come a momenti,
50del tuo soggiorno altera,
 la nascente Cartago alza la fronte.
 Frutto de’ miei sudori
 son quegli archi, que’ templi e quelle mura;
 ma de’ sudori miei
55l’ornamento più grande, Enea, tu sei.
 Tu non mi guardi e taci? In questa guisa
 con un freddo silenzio Enea m’accoglie?
 Forse già dal tuo core
 di me l’imago ha cancellata amore?
 ENEA
60Didone alla mia mente,
 giuro a tutti gli dei, sempre è presente.
 Né tempo o lontananza
 potrà sparger d’obblio,
 questo ancor giuro ai numi, il foco mio.
 DIDONE
65Che proteste! Io non chiedo
 giuramenti da te; perch’io ti creda,
 un tuo sguardo mi basta, un tuo sospiro.
 OSMIDA
 (Troppo s’inoltra).
 SELENE
                                     (Ed io parlar non oso).
 ENEA
 Se brami il tuo riposo,
70pensa alla tua grandezza;