Ezio, libretto, Parigi, Quillau, 1755

 IARBA
 Non merta fé chi non la serba altrui.
 Ma vanne amato Araspe,
 ogn’indugio è tormento al mio furore,
 vanne; le mie vendette
240un tuo colpo assicuri. Enea s’uccida.
 ARASPE
 Vado; e sarà fra poco
 del suo, del mio valore
 in aperta tenzone arbitro il fato.
 IARBA
 No, t’arresta. Io non voglio
245che al caso si commetta
 l’onor tuo, l’odio mio, la mia vendetta.
 Improvviso l’assali, usa la frode.
 ARASPE
 Da me frode! Signor, suddito io nacqui
 ma non già traditor. Dimmi ch’io vada
250nudo in mezzo agl’incendi, incontro all’armi,
 tutto farò. Tu sei
 signor della mia vita; in tua difesa
 non ricuso cimento.
 Ma da me non si chieda un tradimento.
 IARBA
255Sensi d’alma volgare. A me non manca
 braccio del tuo più fido.
 ARASPE
                                              E come, oh dei,
 La tua virtude...
 IARBA
                                Eh che virtù? Nel mondo
 o virtù non si trova
 o è sol virtù quel che diletta e giova. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ARASPE solo
 
 ARASPE
260Empio! L’orror che porta
 il rimorso d’un fallo anche felice,
 la pace fra’ disastri,
 che produce virtù, come non senti?
 O sostegno del mondo,
265degli uomini ornamento e degli dei,
 bella virtù, la scorta mia tu sei.
 
    Se dalle stelle tu non sei guida
 fra le procelle dell’onda infida,
 mai per quest’alma calma non v’è.
 
270   Tu m’assicuri ne’ miei perigli,
 nelle sventure tu mi consigli
 e sol contento sento per te. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Cortile.
 
 SELENE ed ENEA
 
 ENEA
 Già tel dissi, o Selene,
 male interpreta Osmida i sensi miei.
275Ah piacesse agli dei
 che Dido fosse infida; o ch’io potessi
 figurarmela infida un sol momento!
 Ma saper che m’adora
 e doverla lasciar, quest’è il tormento.
 SELENE
280Sia qual vuoi la cagione
 che ti sforza a partir, per pochi istanti
 t’arresta almeno e di Nettuno al tempio
 vanne; la mia germana
 vuol colà favellarti.
 ENEA
285Sarà pena l’indugio.