Ezio, libretto, Parigi, Quillau, 1755

 prima m’involi e poi
 guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
 T’inganni; allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
725Con più nobil ferita
 rendergli a me s’aspetta
 quella, che tolsi a lui, giusta vendetta.
 ENEA
 Enea stringer l’acciaro
 contro il suo difensore?
 ARASPE
                                             Olà, che tardi?
 ENEA
730La mia vita è tuo dono,
 prendila pur, se vuoi, contento io sono.
 Ma ch’io debba a tuo danno armar la mano,
 generoso guerrier, lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando,
735a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
 vergognosa minaccia Enea non soffre.
 Ecco per soddisfarti io snudo il ferro;
 ma prima i sensi miei
740odan gli uomini tutti, odan gli dei.
 Io son d’Araspe amico;
 io debbo la mia vita al suo valore;
 ad onta del mio core
 discendo al gran cimento
745di codardia tacciato;
 e per non esser vil, mi rendo ingrato. (In atto di battersi)
 
 SCENA VII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
 Tanto ardir nella reggia! Olà, fermate.
 Così mi serbi fé? Così difendi,
 Araspe traditor, d’Enea la vita?
 ENEA
750No, principessa, Araspe
 non ha di tradimenti il cor capace.
 SELENE
 Chi di Iarba è seguace,
 esser fido non può.
 ARASPE
                                      Bella Selene,
 puoi tu sola avanzarti
755a tacciarmi così.
 SELENE
                                 T’accheta e parti.
 ARASPE
 Tacerò; partirò; ma la mia fede
 oltraggi ed il mio onore
 se infido tu mi chiami e traditore (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 SELENE ed ENEA
 
 ENEA
 Allor che Araspe a provocar mi venne,
760del suo signor sostenne
 le ragioni con me. La sua virtude
 se condannar pretendi,
 troppo quel core ingiustamente offendi.
 SELENE
 Sia qual ei vuole Araspe, or non è tempo
765di favellar di lui; brama Didone
 teco parlar.
 ENEA
                        Poc’anzi
 dal suo real soggiorno io trassi il piede.
 Se di nuovo mi chiede
 ch’io resti in quest’arena,
770invan s’accrescerà la nostra pena.
 SELENE
 Come fra tanti affanni,
 cor mio, chi t’ama abbandonar potrai?
 ENEA
 Selene, a me cor mio?
 SELENE
 È Didone che parla e non son io.
 ENEA
775Se per la tua germana
 così pietosa sei,
 non curar più di me, ritorna a lei.
 Dille che si consoli,
 che ceda al fato e rassereni il ciglio.
 SELENE
780Ah no! Cangia, mio ben, cangia consiglio.
 ENEA
 Tu mi chiami tuo bene!
 SELENE
 È Didone che parla e non Selene.
 Vieni e l’ascolta. È l’unico conforto
 ch’ella implora da te.
 ENEA
                                         D’un core amante
785quest’è il solito inganno;
 va cercando conforto e trova affanno.