Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

600e senz’altra dimora,
 o suddito o sovrano, io vuo’ che mora.
 OSMIDA
 Sempre in me de’ tuoi cenni
 il più fedele esecutor vedrai.
 DIDONE
 Premio avrà la tua fede.
 OSMIDA
605E qual premio, o regina? Adopro invano
 per te fede e valore;
 occupa solo Enea tutto il tuo core.
 DIDONE
 Taci, non rammentar quel nome odiato.
 È un perfido, è un ingrato,
610è un’alma senza legge e senza fede.
 Contro me stessa ho sdegno,
 perché finor l’amai.
 OSMIDA
 Se lo torni a mirar, ti placherai.
 DIDONE
 Ritornarlo a mirar! Per finch’io viva
615mai più non mi vedrà quell’alma rea.
 SELENE
 Teco vorrebbe Enea
 parlar, se gliel concedi.
 DIDONE
 Enea! Dov’è?
 SELENE
                            Qui presso
 che sospira il piacer di rimirarti.
 DIDONE
620Temerario! Che venga. (Selene parte) Osmida, parti.
 OSMIDA
 Io non tel dissi? Enea
 tutta del cor la libertà t’invola.
 DIDONE
 Non tormentarmi più; lasciami sola. (Osmida parte)
 
 SCENA IV
 
 DIDONE ed ENEA
 
 DIDONE
 Come! Ancor non partisti? Adorna ancora
625questi barbari lidi il grande Enea?
 E pure io mi credea
 che, già varcato il mar, d’Italia in seno
 in trionfo traessi
 popoli debellati e regi oppressi.
 ENEA
630Quest’amara favella
 mal conviene al tuo cor, bella regina.
 Del tuo, dell’onor mio
 sollecito ne vengo. Io so che vuoi
 del moro il fiero orgoglio
635con la morte punir.
 DIDONE
                                      E questo è il foglio.
 ENEA
 La gloria non consente
 ch’io vendichi in tal guisa i torti miei;
 se per me lo condanni...