Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

 e mentre salvo altrui, perdo me stesso.
 IARBA
700Che fa l’invitto Enea? Gli veggo ancora
 del passato timore i segni in volto.
 ENEA
 Iarba da’ lacci è sciolto!
 Chi ti diè libertà?
 IARBA
                                    Permette Osmida
 che per entro la reggia io mi raggiri;
705ma vuol ch’io vada errando
 per sicurezza tua senza il mio brando.
 ENEA
 Così tradisce Osmida
 il comando real?
 IARBA
                                 Dimmi, che temi?
 Ch’io fuggendo m’involi a queste mura?
710Troppo vi resterò per tua sventura.
 ENEA
 La tua sorte presente
 fa pietà, non timore.
 IARBA
 Risparmia al tuo gran core
 questa pietà. D’una regina amante
715tenta pure a mio danno,
 cerca pur d’irritar gli sdegni insani.
 Con altr’armi non sanno
 le offese vendicar gli eroi troiani.
 ENEA
 Leggi. La regal donna in questo foglio
720la tua morte segnò di propria mano.
 Se Enea fosse africano,
 Iarba estinto saria. Prendi ed impara,
 barbaro, discortese,
 come vendica Enea le proprie offese. (Lacera il foglio e parte)
 
 SCENA VI
 
 IARBA solo
 
 IARBA
725Così strane venture io non intendo.
 Pietà nel mio nemico,
 infedeltà nel mio seguace io trovo.
 Ah forse a danno mio
 l’uno e l’altro congiura.
730Ma di lor non ho cura.
 Pietà finga il rivale,
 sia l’amico fallace,
 non sarà di timor Iarba capace.
 
    Fosca nube il sol ricopra
735o si scopra il ciel sereno,
 non si cangia il cor nel seno,
 non si turba il mio pensier.
 
    Le vicende della sorte
 imparai con alma forte
740dalle fasce a non temer. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Atrio.
 
 ENEA, poi ARASPE
 
 ENEA
 Fra il dovere e l’affetto
 ancor dubbioso in petto ondeggia il core.
 Purtroppo il mio valore
 all’impero servì d’un bel sembiante.
745Ah una volta l’eroe vinca l’amante.
 ARASPE
 Di te finora in traccia
 scorsi la reggia.
 ENEA
                               Amico,
 vieni fra queste braccia.
 ARASPE
 Allontanati, Enea; son tuo nemico.
750Snuda, snuda quel ferro;
 guerra con te, non amicizia io voglio.
 ENEA
 Tu di Iarba all’orgoglio
 prima m’involi e poi
 guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
755T’inganni. Allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
 Con più nobil ferita
 rendergli a me s’aspetta
 quella, che tolsi a lui, giusta vendetta.
 ENEA
760Enea stringer l’acciaro
 contro il suo difensore!
 ARASPE
                                             Olà, che tardi?
 ENEA
 La mia vita è tuo dono,
 prendila pur se vuoi; contento io sono.
 Ma ch’io debba a tuo danno armar la mano,
765generoso guerrier, lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando,
 a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
 vergognosa minaccia Enea non soffre.
770Ecco per soddisfarti io snudo il ferro.
 Ma prima i sensi miei
 odan gli uomini tutti, odan gli dei.
 Io son d’Araspe amico;
 io debbo la mia vita al suo valore.
775Ad onta del mio core
 discendo al gran cimento,
 di codardia tacciato;
 e per non esser vil, mi rendo ingrato. (In atto di battersi)
 
 SCENA VIII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
 Tanto ardir nella reggia? Olà, fermate.
780Così mi serbi fé? Così difendi,
 Araspe traditor, d’Enea la vita?
 ENEA
 No, principessa, Araspe
 non ha di tradimenti il cor capace.
 SELENE
 Chi di Iarba è seguace
785esser fido non può.
 ARASPE
                                      Bella Selene,
 puoi tu sola avanzarti
 a tacciarmi così.
 SELENE
                                 T’accheta e parti.
 ARASPE
 
    Tacerò, se tu lo brami;
 ma fai torto alla mia fede,
790se mi chiami traditor.
 
    Porterò lontano il piede;
 ma di questi sdegni tuoi
 so che poi tu avrai rossor. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 SELENE ed ENEA
 
 ENEA
 Allorché Araspe a provocar mi venne,
795del suo signor sostenne
 le ragioni con me. La sua virtude
 se condannar pretendi,
 troppo quel core ingiustamente offendi.
 SELENE
 Sia qual ei vuole Araspe, or non è tempo
800di favellar di lui. Brama Didone
 teco parlar.
 ENEA
                        Poc’anzi
 dal suo real soggiorno io trassi il piede.
 Se di nuovo mi chiede
 ch’io resti in questa arena,
805invan s’accrescerà la nostra pena.
 SELENE
 Come fra tanti affanni,
 cor mio, chi t’ama abbandonar potrai?
 ENEA
 Selene, a me cor mio?
 SELENE
 È Didone che parla e non son io.
 ENEA
810Se per la tua germana
 così pietosa sei,
 non curar più di me, ritorna a lei.
 Dille che si consoli,
 che ceda al fato e rassereni il ciglio.
 SELENE
815Ah no! Cangia, mio ben, cangia consiglio.
 ENEA
 Tu mi chiami tuo bene?
 SELENE
 È Didone che parla e non Selene.
 Vieni e l’ascolta. È l’unico conforto
 ch’ella implora da te.
 ENEA
                                         D’un core amante
820quest’è il solito inganno;
 va cercando conforto e trova affanno.
 
    Tormento il più crudele
 d’ogni crudel tormento
 è il barbaro momento
825che in due divide un cor.
 
    È affanno sì tiranno
 che un’alma nol sostiene.
 Ah! Nol provar, Selene,
 se nol provasti ancor. (Parte)
 
 SCENA X
 
 SELENE sola
 
 SELENE
830Stolta! Per chi sospiro? Io senza speme
 perdo la pace mia. Ma chi mi sforza
 invano a sospirar? Scelgasi un core
 più grato a’ voti miei. Scelgasi un volto
 degno d’amor. Scelgasi... Oh dio! La scelta
835nostro arbitrio non è. Non è bellezza,
 non è senno o valore
 che in noi risvegli amore; anzi talora
 il men vago, il più stolto è che s’adora.
 Bella ciascuno poi finge al pensiero
840la fiamma sua ma poche volte è vero.
 
    Ogni amator suppone
 che della sua ferita
 sia la beltà cagione
 ma la beltà non è.
 
845   È un bel desio che nasce
 allor che men s’aspetta;
 si sente che diletta
 ma non si sa perché. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Gabinetto con sedie.
 
 DIDONE, poi ENEA
 
 DIDONE
 Incerta del mio fato
850io più viver non voglio. È tempo ormai
 che per l’ultima volta Enea si tenti.
 Se dirgli i miei tormenti,
 se la pietà non giova,
 faccia la gelosia l’ultima prova.
 ENEA
855Ad ascoltar di nuovo