Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

 SCENA VII
 
 VALENTINIANO, MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Cesare, alla mia fede
 troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.
 VALENTINIANO
975Ah che d'Onoria ai detti
 dal mio sonno io mi desto.
 Massimo, di scolparti il tempo è questo.
 Finché il reo non si trova,
 il reo ti crederò.
 MASSIMO
                                Perché? Qual fallo?
980Sol perché Onoria il dice...
 Che ingiustizia è la tua...
 FULVIA
                                                (Padre infelice!)
 VALENTINIANO
 Se tu innocente sei,
 pensa a provarlo; assicurarmi intanto
 di te vogl'io.
 FULVIA
                          (M'assista il ciel).
 VALENTINIANO
                                                            Qual altro
985insidiar mi potea?
 Olà.
 FULVIA
            Barbaro, ascolta; io son la rea.
 Io commisi ad Emilio
 la morte tua; quella son io che tanto
 cara ti fui per mia fatal sventura.
990Io, perfido, son quella
 che oltragiasti in amor, quando ad Onoria
 offristi il mio consorte. Ah se nemici
 non eran gl'astri ai desideri miei,
 vendicata sarei,
995regnarebbe il mio sposo. Il mondo e Roma
 non gemerebbe oppressa
 da un cor tiranno e da una destra imbelle.
 Oh sognate speranze! O avverse stelle!
 MASSIMO
 (Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
1000(Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m'abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
1005Nelle dubiezze estreme
 per mancanza di speme io m'assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m'addita.
 Si perda la vita,
1010finisca il martire;
 è meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se il fato nemico
1015la speme, la pace,
 l'amante, l'amico
 mi toglie in un dì. (Parte)