Ezio, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1772

 di scemartene il peso.
 EZIO
                                           Io gli rammento
520quando in premio pretendo...
 VALENTINIANO
 Non più. Dicesti assai. Tutto comprendo.
 
    So chi t’accese;
 basta per ora.
 Cesare intese,
525risolverà.
 
    Ma tu procura
 d’esser più saggio.
 Fra l’armi e l’ire
 giova il coraggio.
530Pompa d’ardire
 qui non si fa.
 
 SCENA X
 
 EZIO, poi FULVIA
 
 EZIO
 Vedrem se ardisce ancora
 di opporsi all’amor mio.
 FULVIA
                                               Ti leggo in volto
 Ezio l’ire del cor. Forse ad Augusto
535ragionasti di me?
 EZIO
                                   Sì, ma celai
 a lui che m’ami, onde temer non dei.
 FULVIA
 Che disse alla richiesta? E che rispose?
 EZIO
 Non cedé, non si oppose,
 si turbò. Me ne avviddi a qualche segno.
540Ma non osò di palesar lo sdegno.
 FULVIA
 Questo è il peggior presaggio. A vendicarsi
 cauto le vie dissegna
 chi ha ragion di sdegnarsi e non si sdegna.
 EZIO
 Troppo timida sei.
 
 SCENA XI
 
 ONORIA e detti
 
 ONORIA
545Ezio, gli obblighi miei
 sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però più giusto
 d’esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
550No, l’obbligo di Onoria
 questo non è; l’obbligo grande è quello
 ch’io fui cagion, nel conservarle il soglio,
 ch’or mi possa parlar con questo orgoglio.
 ONORIA
 È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
555che ad onta mia mi rendano le stelle
 al tuo amore infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa
 Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come?
 EZIO
                                                      Che sento!
 ONORIA
560Di recartene il cenno
 egli istesso or m’impose. Ezio dovresti
 consolartene alfin; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pure è diletto.
 EZIO
 Ah questo è troppo! A troppo gran cimento
565d’Ezio la fedeltà Cesare espone.
 Qual dritto? Qual ragione
 ha sugli affetti miei? Fulvia rapirmi?
 Disprezzarmi così? Forse pretende
 ch’io lo sopporti? O pure
570vuol che Roma si faccia
 di tragedie per lui scena funesta?
 ONORIA
 Ezio minaccia? E la sua fede è questa?
 EZIO
 
    Se fedele mi brama il regnante,
 non offenda quest’anima amante
575nella parte più viva del cor.
 
   Non si lagni se in tanta sventura
 un vassallo non serba misura,
 se il rispetto diventa furor.
 
 SCENA XII
 
 ONORIA e FULVIA
 
 FULVIA
 A Cesare nascondi
580Onoria i suoi trasporti. Ezio è fedele,
 parla così da disperato amante.
 ONORIA
 Mostri Fulvia al sembiante
 troppa pietà per lui, troppo timore.
 Fosse mai la pietà segno d’amore?
 FULVIA
585Principessa mi offendi. Assai conosco
 a chi deggio l’affetto.
 ONORIA
 Non ti sdegnar così, questo è un sospetto.
 FULVIA
 Se prestar si dovesse
 tanta fede ai sospetti, Onoria ancora
590dubitar ne faria. Dai sdegni tuoi
 come soffri un rifiuto anch’io m’avvedo.
 Dovrei crederti amante e pur nol credo.
 ONORIA
 Anch’io, quando m’oltraggi
 con un sospetto al fasto mio nemico,
595dovrei dirti arrogante e pur nol dico.
 
    Ancor non premi il soglio
 e già nel tuo sembiante
 sollecito l’orgoglio
 comincia a comparir.
 
600   Così tu mi rammenti
 che i fortunati eventi
 son più d’ogni sventura
 difficili a soffrir.
 
 SCENA XIII
 
 FULVIA
 
 FULVIA
 Via, per mio danno aduna
605o barbara fortuna
 sempre nuovi disastri. Onoria irrita,
 rendi Augusto geloso, Ezio infelice,
 toglimi il padre ancor; toglier giammai
 l’amor non mi potrai, che a tuo dispetto
610sarà per questo core
 trionfo di costanza il tuo rigore.
 
    Fin che un zeffiro soave
 tien del mar l’ira placata,
 ogni nave è fortunata,
615è felice ogni nocchier.
 
    È ben prova di coraggio
 incontrar l’onde funeste,
 navigar fra le tempeste
 e non perdere il sentier.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardini corrispondenti agli appartamenti imperiali.
 
 MASSIMO e poi FULVIA
 
 MASSIMO
620Qual silenzio è mai questo! È tutto in pace
 l’imperiale albergo; in Oriente
 rosseggia il nuovo giorno;
 e pure ancor d’intorno
 suon di voci non odo, alcun non miro.
625Dovrebbe pur Emilio
 aver compito il colpo. Ei mi promise
 nel tiranno punir tutti i miei torti
 e pigro...
 FULVIA
                    Ah genitor.
 MASSIMO
                                           Figlia, che porti?
 FULVIA
 Fu Cesare assalito. Io già comprendo
630donde nasce il pensier. Padre tu sei
 che spingi a vendicarti
 la man che l’assalì.
 MASSIMO
 Ma Cesare morì?
 FULVIA
                                   Pensa a salvarti.
 Già di guerrieri e d’armi
635tutto il soggiorno è cinto.
 MASSIMO
 Dimmi se vive o se rimase estinto.
 FULVIA
 Nol so. Nulla di certo
 compresi nel timor.
 MASSIMO
                                       Sei pur codarda.
 Vado a chiederlo io stesso. (In atto di partire s’incontra in Valentiniano)
 
 SCENA II
 
 VALENTINIANO senza manto e senza lauro con spada nuda, seguito di pretoriani, e detti
 
 VALENTINIANO
640Ogni via custodite ed ogn’ingresso. (Partono alcuni pretoriani)
 MASSIMO
 (Egli vive, o destin!)
 VALENTINIANO
                                        Massimo, Fulvia
 chi creduto l’avria?
 MASSIMO
                                      Signor, che avvenne?
 VALENTINIANO
 Ah maggior fellonia mai non s’intese!
 FULVIA
 (Misero genitor!)
 MASSIMO
                                   (Tutto comprese).
 VALENTINIANO
645Di chi deggio fidarmi? I miei più cari
 m’insidiano la vita.
 MASSIMO
 (Ardir). Come? E potrebbe
 un’anima sì rea trovarsi mai?
 VALENTINIANO