La favola de’ tre gobbi, libretto, Torino, Cafasso, [1750] (I tre gobbi rivali in amore)

580nella parte più viva del cor.
 
   Non si lagni se in tanta sventura
 un vassallo non serba misura,
 se il rispetto diventa furor. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 ONORIA e FULVIA
 
 FULVIA
 A Cesare nascondi,
585Onoria, i suoi trasporti. Ezio è fedele.
 Parla così da disperato amante.
 ONORIA
 Mostri, Fulvia, al sembiante
 troppa pietà per lui, troppo timore.
 Fosse mai la pietà segno d’amore?
 FULVIA
590Principessa, m’offendi. Assai conosco
 a chi deggio l’affetto.
 ONORIA
 Non ti sdegnar così, questo è un sospetto.
 FULVIA
 Se prestar si dovesse
 tanta fede ai sospetti, Onoria ancora
595dubitar ne faria. Da’ sdegni tuoi
 come soffri un rifiuto anch’io m’avvedo;
 dovrei crederti amante; e pur nol credo.
 ONORIA
 Anch’io, quando m’oltraggi
 con un sospetto al fasto mio nemico,
600dovrei dirti arrogante; e pur nol dico.
 
    Ancor non premi il soglio
 e già nel tuo sembiante
 sollecito l’orgoglio
 comincia a comparir.
 
605   Così tu mi rammenti
 che i fortunati eventi
 son più d’ogni sventura
 difficili a soffrir. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 FULVIA sola
 
 FULVIA
 Via, per mio danno aduna
610o barbara fortuna
 sempre nuovi disastri. Onoria irrita,
 rendi Augusto geloso, Ezio infelice;
 toglimi il padre ancor. Toglier giammai
 l’amor non mi potrai, che a tuo dispetto
615sarà per questo core
 trionfo di costanza il tuo rigore.
 
    Finché un zeffiro soave
 tien del mar l’ira placata,
 ogni nave è fortunata,
620è felice ogni nocchier.
 
    È ben prova di coraggio
 incontrar l’onde funeste,
 navigar fra le tempeste
 e non perdere il sentier.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Orti palatini corrispondenti agli appartamenti imperiali con viali, spalliere di fiori e fontane continuate; in fondo caduta d’acque e innanzi grotteschi e statue.
 
 MASSIMO e poi FULVIA
 
 MASSIMO
625Qual silenzio è mai questo! È tutto in pace
 l’imperiale albergo; in Oriente
 rosseggia il nuovo giorno;
 e pur ancor d’intorno
 suon di voci non odo, alcun non miro.
630Dovrebbe pure Emilio
 aver compito il colpo. Ei mi promise
 nel tiranno punir tutti i miei torti
 e pigro...
 FULVIA
                    Ah genitor!
 MASSIMO
                                           Figlia, che porti?
 FULVIA
 Che mai facesti!
 MASSIMO
                                 Io nulla feci.
 FULVIA
                                                          Oh dio!
635Fu Cesare assalito. Io già comprendo
 donde nasce il pensier. Padre, tu sei
 che spingi a vendicarti
 la man che l’assalì.
 MASSIMO
 Ma Cesare morì?
 FULVIA
                                   Pensa a salvarti.
640Già di guerrieri e d’armi
 tutto il soggiorno è cinto.
 MASSIMO
 Dimmi se vive o se rimase estinto.
 FULVIA
 Nol so; nulla di certo
 compresi nel timor.
 MASSIMO
                                       Sei pur codarda.
645Vado a chiederlo io stesso. (In atto di partire, s’incontra in Valentiniano)
 
 SCENA II
 
 VALENTINIANO senza manto e senza lauro, con spada nuda e seguito di pretoriani, e detti
 
 VALENTINIANO
 Ogni via custodite ed ogni ingresso. (Parlando ad alcuni soldati che partono)
 MASSIMO
 (Egli vive! Oh destin!)
 VALENTINIANO
                                            Massimo, Fulvia,
 chi creduto l’avria?
 MASSIMO
                                      Signor, che avvenne?
 VALENTINIANO
 Ah maggior fellonia mai non s’intese!
 FULVIA
650(Misero genitor!) (Da sé)
 MASSIMO
                                    (Tutto comprese).
 VALENTINIANO
 Di chi deggio fidarmi? I miei più cari
 m’insidiano la vita.
 MASSIMO
 (Ardir). Come! E potrebbe
 un’anima sì rea trovarsi mai!
 VALENTINIANO
655Massimo, e pur si trova e tu lo sai.
 MASSIMO
 Io!
 VALENTINIANO
         Sì, ma il ciel difende
 le vite de’ monarchi. Emilio invano
 trafiggermi sperò; nel sonno immerso
 credea trovarmi e s’ingannò. L’intesi
660del mio notturno albergo
 l’ingresso penetrare. a’ dubbi passi,
 al tentar delle piume
 previdi un tradimento. In piè balzai,
 strinsi un acciar; contro il fellon che fugge
665fra l’ombre i colpi affretto; accorre al grido
 stuol di custodi e delle aperte logge
 mi veggo al lume inaspettato e nuovo
 sanguigno il ferro, il traditor non trovo.
 MASSIMO
 Forse Emilio non fu.
 VALENTINIANO
                                        La nota voce
670ben riconobbi al grido, onde si dolse
 allor che lo piagai.
 MASSIMO
                                    Ma per qual fine