La favola de’ tre gobbi, libretto, Berlino, Haude e Spener, 1754 (Potsdam, I tre gobbi)

                                                      Ah fuggi!
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me! Fulvia, t’inganni.
785Ha troppe prove il Tebro
 della mia fedeltà. Chi seppe ogni altro
 superar con l’imprese
 maggior d’ogni calunnia anche si rese.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
790s’io stessa l’ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
 ma crederlo non può; s’anche un momento
 giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa. Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
795rinfacciar gli saprà che non è vero.
 FULVIA
 So che la tua ruina
 vendicata saria; ma chi m’accerta
 d’una pronta difesa? Ah! S’io ti perdo,
 la più crudel vendetta
800della perdita tua non mi consola.
 Fuggi, se m’ami, al mio timor t’invola.
 EZIO
 Tu per soverchio affetto, ove non sono,
 ti figuri i perigli.
 FULVIA
                                  E dove fondi
 questa tua sicurezza?
805Forse nel tuo valore? Ezio, gli eroi
 son pur mortali e ’l numero gli opprime.
 Forse nel merto? Ah! Che per questo, o caro,
 sventure io ti predico;
 il merto appunto è il tuo maggior nemico.
 EZIO
810La sicurezza mia, Fulvia, è riposta
 nel cor candido e puro
 che rimorsi non ha, nell’innocenza,
 che paga è di sé stessa, in questa mano
 necessaria all’impero. Augusto alfine
815non è barbaro o stolto.
 E se perde un mio pari,
 conosce anche un tiranno
 qual dura impresa è ristorarne il danno.
 
 SCENA VI
 
 VARO con pretoriani e detti
 
 FULVIA
 Varo, che rechi?
 EZIO
                                 È salva
820di Cesare la vita? Al suo riparo
 può giovar l’opra mia?
 Che fa?
 VARO
                  Cesare appunto a te m’invia.
 EZIO
 A lui dunque si vada.
 VARO
 Non vuol questo da te, vuol la tua spada.
 EZIO
825Come?
 FULVIA
                 Il previdi.
 EZIO
                                      E qual follia lo mosse?
 E possibil sarà?
 VARO
                                Così non fosse.
 La tua compiango, amico,
 e la sventura mia che mi riduce
 un uffizio a compir contrario tanto
830alla nostra amicizia, al genio antico.
 EZIO
 Prendi. Augusto compiangi e non l’amico. (Gli dà la spada)
 
    Recagli quell’acciaro
 che gli difese il trono;
 rammentagli chi sono
835e vedilo arrossir.
 
    E tu serena il ciglio,
 se l’amor mio t’è caro; (A Fulvia)
 l’unico mio periglio