La favola de’ tre gobbi, libretto, Ferrara, Rinaldi, 1756 (Li tre gobbi rivali amanti di madama Vezzosa)

    Tergi le ingiuste lagrime,
 dilegua il tuo martiro,
1645che s’io per te respiro,
 tu regnerai per me.
 
    Di raddolcirti io spero
 questo penoso affanno
 col dono d’un impero,
1650col sangue d’un tiranno
 che delle nostre ingiurie
 punito ancor non è. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 FULVIA
 
 FULVIA
 Misera, dove son? L’aure del Tebro
 son queste ch’io respiro?
1655Per le strade m’aggiro
 di Tebe e d’Argo; o dalle greche sponde
 di tragedie feconde
 le domestiche furie
 vennero a questi lidi
1660della prole di Cadmo e degli Atridi?
 Là d’un monarca ingiusto
 l’ingrata crudeltà m’empie d’orrore;
 d’un padre traditore
 qua la colpa m’agghiaccia;
1665e lo sposo innocente ho sempre in faccia.
 Oh immagini funeste!
 Oh memorie! Oh martiro!
 Ed io parlo infelice ed io respiro?
 
    Ah! Non son io che parlo;
1670è il barbaro dolore
 che mi divide il core,
 che delirar mi fa.
 
    Non cura il ciel tiranno
 l’affanno in cui mi vedo;
1675un fulmine gli chiedo
 e un fulmine non ha. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Campidoglio antico con popolo.
 
 MASSIMO senza manto con seguito, poi VARO
 
 MASSIMO
 Inorridisci, o Roma;
 d’Attila lo spavento, il duce invitto,
 il tuo liberator cadde trafitto.
1680E chi l’uccise? Ah! L’omicida ingiusto
 fu l’invidia d’Augusto. Ecco in qual guisa
 premia un tiranno. Or che farà di noi
 chi tanto merto opprime? Ah! Vendicate,
 Romani, il vostro eroe; la gloria antica
1685rammentatevi omai; da un giogo indegno
 liberate la patria e difendete
 dai vicini perigli
 l’onor, la vita e le consorti e i figli. (In atto di partire)
 VARO
 Massimo, ferma; e qual desio ribelle,
1690qual furor ti consiglia?
 MASSIMO
 Varo, t’accheta o al mio pensier t’appiglia.
 Chi vuol salva la patria (Tutti snudan la spada)
 stringa il ferro e mi siegua; ecco il sentiero (Accennando il Campidoglio)
 onde avrà libertà Roma e l’impero. (Parte seguito da tutti verso il Campidoglio)
 VARO
1695Che indegno! Egli la morte
 d’un innocente affretta
 e poi Roma solleva alla vendetta.
 Va’ pur, forse il disegno
 a chi lo meditò sarà funesto;
1700va’ traditor... Ma qual tumulto è questo? (S’ode brevissimo strepito di trombe e timpani)
 
    Già risonar d’intorno
 al Campidoglio io sento
 di cento voci e cento
 lo strepito guerrier.
 
1705   Che fo? Si vada e sia
 stimolo all’alma mia
 il debito d’amico,
 di suddito il dover. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 Si vedono scendere dal Campidoglio combattendo le guardie imperiali coi sollevati. Siegue zuffa, la quale terminata, esce VALENTINIANO senza manto con ispada rotta, difendendosi da due congiurati, e poi MASSIMO con ispada, indi FULVIA
 
 VALENTINIANO
 Ah traditori! Amico, (A Massimo)
1710soccorri il tuo signor.
 MASSIMO
                                         Fermate. Io voglio
 il tiranno svenar.
 FULVIA
                                  Padre, che fai? (Fulvia si frappone)
 MASSIMO
 Punisco un empio.
 VALENTINIANO
                                     È questa
 di Massimo la fede?
 MASSIMO
                                        Assai finora
 finsi con te. Se ’l mio comando Emilio
1715mal eseguì, per questa man cadrai.
 VALENTINIANO
 Ah iniquo!
 FULVIA
                       Al sen d’Augusto
 non passerà quel ferro,
 se me di vita il genitor non priva.
 MASSIMO
 Cesare morirà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 EZIO e VARO con ispade nude, popolo e soldati, indi ONORIA e detti