La favola de’ tre gobbi, libretto, Torino, Olzati, 1757

5l’applauso popolar turba alla notte
 l’ombre e i silenzi; e Roma
 al secolo vetusto
 più non invidia il suo felice Augusto.
 VALENTINIANO
 Godo ascoltando i voti
10che a mio favor fino alle stelle invia
 il popolo fedel: le pompe ammiro,
 attendo il vincitor, tutte cagioni
 di gioie a me; ma la più grande è quella
 ch’io possa offrir con la mia destra in dono
15ricco di palme alla tua figlia il trono.
 VARO
 Ezio s’avanza. Io già le prime insegne
 veggo appressarsi.
 VALENTINIANO
                                     Il vincitor s’ascolti;
 e sia Massimo a parte
 de’ doni che mi fa la sorte amica. (Valentiniano va sul trono servito da Varo)
 MASSIMO
20(Io però non obblio l’ingiuria antica).
 
 SCENA II
 
 EZIO preceduto da istromenti bellici, schiavi ed insegne de’ vinti, seguito da’ soldati vincitori, popolo e detti
 
 EZIO
 Signor, vincemmo. Ai gelidi Trioni,
 il terror de’ mortali
 fuggitivo ritorna. Il primo io sono
 che mirasse finora
25Attila impallidir. Non vide il sole
 più numerosa strage. A tante morti
 era angusto il terreno: il sangue corse
 in torbidi torrenti;
 le minacce a’ lamenti
30si udian confuse; e fra i timori e l’ire
 erravano indistinti
 i forti, i vili, i vincitori, i vinti.
 Né gran tempo dubbiosa
 la vittoria ondeggiò. Teme, dispera,
35fugge il tiranno; e cede
 di tante ingiuste prede,
 impacci al suo fuggir, l’acquisto a noi.
 Se una prova ne vuoi,
 mira le vinte schiere:
40ecco l’armi, l’insegne e le bandiere.
 VALENTINIANO
 Ezio, tu non trionfi
 d’Attila sol; nel debellarlo ancora
 vincesti i voti miei. Tu rassicuri
 su la mia fronte il vacillante alloro;
45tu il marzial decoro
 rendesti al Tebro; e deve
 alla tua mente, alla tua destra audace
 l’Italia tutta e libertade e pace.
 Fra queste braccia intanto (Scende dal trono)
50tu del cadente impero e mio sostegno