La favola de’ tre gobbi, libretto, Vienna, Ghelen, 1759 (Madama Vezzosa)

 È poco il sacrificio a tanta fede.
 EZIO
 Oh contento!
 FULVIA
                           Oh piacer!
 EZIO
                                                 Concedi, Augusto,
 la salvezza di Varo,
1040di Massimo la vita ai nostri prieghi.
 VALENTINIANO
 A tanto intercessor nulla si nieghi.
 CORO
 
    Della vita nel dubbio cammino
 si smarrisce l’umano pensier.
 
    L’innocenza è quell’astro divino
1045che rischiara fra l’ombre il sentier.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 EZIO
 
 
    Rappresentato la prima volta in Roma con musica dell’Auletta nel teatro detto delle Dame, il dì 26 decembre 1728.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Ezio, capitano dell’armi imperiali sotto Valentiniano III, ritornando dalla celebre vittoria de’ campi Catalaunici, dove fugò Attila, re degli Unni, fu accusato ingiustamente d’infedeltà all’imperatore e dal medesimo condannato a morire.
    Massimo, patrizio romano, offeso già da Valentiniano per avergli tentata l’onestà della consorte, procurò l’aiuto d’Ezio per uccidere l’odiato imperatore; ma, non riuscendogli, fece crederlo reo e ne sollecitò la morte per sollevar poi, come fece, il popolo che lo amava contro Valentiniano. Tutto ciò è istorico; il resto è verisimile (Sigonio, De occidentali imperio; Prospero Aquitanio, Chronicon, eccetera).
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 VALENTINIANO III imperatore, amante di
 FULVIA figlia di Massimo, patrizio romano, amante e promessa sposa d’
 EZIO generale dell’armi cesaree, amante di Fulvia
 ONORIA sorella di Valentiniano, amante occulta d’Ezio
 MASSIMO patrizio romano, padre di Fulvia, confidente e nemico occulto di Valentiniano
 VARO prefetto de’ pretoriani, amico d’Ezio
 
 La scena è in Roma.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Parte del Foro romano con trono imperiale da un lato. Vista di Roma illuminata in tempo di notte con archi trionfali ed altri apparati festivi, apprestati per celebrare le feste decennali e per onorare il ritorno d’Ezio vincitore d’Attila.
 
 VALENTINIANO, MASSIMO, VARO con pretoriani e popolo
 
 MASSIMO
 Signor, mai con più fasto
 la prole di Quirino
 non celebrò d’ogni secondo lustro
 l’ultimo dì. Di tante faci il lume,
5l’applauso popolar turba alla notte
 l’ombre e i silenzi; e Roma
 al secolo vetusto
 più non invidia il suo felice Augusto.
 VALENTINIANO
 Godo ascoltando i voti
10che a mio favor sino alle stelle invia
 il popolo fedel, le pompe ammiro,
 attendo il vincitor, tutte cagioni
 di gioia a me; ma la più grande è quella
 ch’io possa offrir con la mia destra in dono
15ricco di palme alla tua figlia il trono.
 MASSIMO
 Dall’umiltà del padre
 apprese Fulvia a non bramare il soglio;
 e a non sdegnarlo apprese
 dall’istessa umiltà. Cesare imponga;
20la figlia eseguirà.
 VALENTINIANO
                                  Fulvia io vorrei
 amante più, men rispettosa.
 MASSIMO
                                                      È vano
 temer ch’ella non ami
 que’ pregi in te che l’universo ammira.
 (Il mio rispetto alla vendetta aspira).
 VARO
25Ezio s’avanza. Io già le prime insegne
 veggo appressarsi.
 VALENTINIANO
                                     Il vincitor s’ascolti;
 e sia Massimo a parte
 de’ doni che mi fa la sorte amica. (Valentiniano va sul trono servito da Varo)
 MASSIMO
 (Io però non obblio l’ingiuria antica).
 
 SCENA II
 
 EZIO, preceduto da istromenti bellici, schiavi ed insegne de’ vinti, seguito da’ soldati vincitori e popolo, e detti
 
 EZIO
30Signor, vincemmo. Ai gelidi Trioni
 il terror de’ mortali
 fuggitivo ritorna. Il primo io sono
 che mirasse finora
 Attila impallidir. Non vide il sole
35più numerosa strage. A tante morti
 era angusto il terreno. Il sangue corse
 in torbidi torrenti.
 Le minacce, i lamenti
 s’udian confusi; e fra i timori e l’ire
40erravano indistinti
 i forti, i vili, i vincitori, i vinti.
 Né gran tempo dubbiosa
 la vittoria ondeggiò. Teme, dispera,
 fugge il tiranno e cede
45di tante ingiuste prede,
 impacci al suo fuggir, l’acquisto a noi.
 Se una prova ne vuoi,
 mira le vinte schiere:
 ecco l’armi, le insegne e le bandiere.
 VALENTINIANO
50Ezio, tu non trionfi
 d’Attila sol; nel debellarlo ancora
 vincesti i voti miei. Tu rassicuri
 su la mia fronte il vacillante alloro;
 tu il marzial decoro
55rendesti al Tebro; e deve
 alla tua mente, alla tua destra audace
 l’Italia tutta e libertade e pace.
 EZIO
 L’Italia i suoi riposi
 tutta non deve a me; v’è chi li deve