La favola de’ tre gobbi, libretto, Praga, Pruscha, [1760] (Madama Vezzosa)

 EZIO
550Troppo timida sei.
 
 SCENA XI
 
 ONORIA e detti
 
 ONORIA
 Ezio, gli obblighi miei
 sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però, più giusto,
555d’esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
 No, l’obbligo d’Onoria
 questo non è. L’obbligo grande è quello
 ch’io fui cagion, nel conservarle il soglio,
 ch’or mi possa parlar con quest’orgoglio.
 ONORIA
560È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
 che ad onta mia mi rendano le stelle
 al tuo amore infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa (A Fulvia)
565Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come!
 EZIO
                                                     Che sento!
 ONORIA
 Di recartene il cenno
 egli stesso or m’impose. Ezio, dovresti
 consolartene alfin; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pur è diletto.
 EZIO
570Ah questo è troppo! A troppo gran cimento
 d’Ezio la fedeltà Cesare espone.
 Qual dritto, qual ragione
 ha sugli affetti miei? Fulvia rapirmi?
 Disprezzarmi così? Forse pretende
575ch’io lo sopporti? O pure
 vuol che Roma si faccia
 di tragedie per lui scena funesta?
 ONORIA
 Ezio minaccia; e la sua fede è questa?
 EZIO
 
    Se fedele mi brama il regnante,
580non offenda quest’anima amante
 nella parte più viva del cor.
 
   Non si lagni se in tanta sventura
 un vassallo non serba misura,
 se il rispetto diventa furor. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 ONORIA e FULVIA
 
 FULVIA
585A Cesare nascondi,
 Onoria, i suoi trasporti. Ezio è fedele;
 parla così da disperato amante.
 ONORIA
 Mostri, Fulvia, al sembiante
 troppa pietà per lui, troppo timore.
590Fosse mai la pietà segno d’amore?
 FULVIA
 Principessa, m’offendi. Assai conosco
 a chi deggio l’affetto.
 ONORIA
 Non ti sdegnar così, questo è un sospetto.
 FULVIA
 Se prestar si dovesse
595tanta fede ai sospetti, Onoria ancora
 dubitar ne faria. Ben da’ tuoi sdegni
 come soffri un rifiuto anch’io m’avvedo;
 dovrei crederti amante e pur nol credo.
 ONORIA
 Anch’io, quando m’oltraggi
600con un sospetto al fasto mio nemico,
 dovrei dirti arrogante; e pur nol dico.
 
    Ancor non premi il soglio
 e già nel tuo sembiante
 sollecito l’orgoglio
605comincia a comparir.
 
    Così tu mi rammenti
 che i fortunati eventi
 son più d’ogni sventura
 difficili a soffrir. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 FULVIA sola
 
 FULVIA
610Via, per mio danno aduna,
 o barbara fortuna,
 sempre nuovi disastri. Onoria irrita,
 rendi Augusto geloso, Ezio infelice,
 toglimi il padre ancor; toglier giammai
615l’amor non mi potrai, che a tuo dispetto
 sarà per questo core
 trionfo di costanza il tuo rigore.
 
    Finché un zeffiro soave
 tien del mar l’ira placata,
620ogni nave è fortunata,
 è felice ogni nocchier.
 
    È ben prova di coraggio
 incontrar l’onde funeste,
 navigar fra le tempeste
625e non perdere il sentier.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Orti palatini, corrispondenti agli appartamenti imperiali, con viali, spalliere di fiori e fontane continuate. Nel fondo caduta d’acque e innanzi grotteschi e statue.
 
 MASSIMO e poi FULVIA
 
 MASSIMO
 Qual silenzio è mai questo! È tutto in pace