La favola de’ tre gobbi, libretto, Bonn, Rommerskirchen, 1764 (Madama Vezzosa)

 VALENTINIANO
                                         T’arresta, amico.
 S’ella muore, io non vivo. Ancor potrebbe
 quell’ingrata pentirsi.
 MASSIMO
                                           Al tuo comando
 con pena ubbidirò. Troppo a punirla
 il dover mi consiglia.
 VALENTINIANO
1215Perché simile a te non è la figlia?
 MASSIMO
 
    Col volto ripieno
 di tanto rossore,
 più calma nel seno,
 più pace non ho.
 
1220   Oh quanti diranno
 che il perfido inganno
 dal suo genitore
 la figlia imparò! (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 VALENTINIANO
 
 VALENTINIANO
 Sdegno, amor, gelosia, cure d’impero,
1225che volete da me? Nemico e amante
 e timido e sdegnato a un punto io sono;
 e intanto non punisco e non perdono.
 Ah! Lo so ch’io dovrei
 obbliar quell’ingrata. Ella è cagione
1230d’ogni sventura mia. Ma di tentarlo
 neppure ardisco; e da una forza ignota
 così mi sento oppresso
 che non desio di superar me stesso.
 
    Che mi giova impero e soglio,
1235s’io non voglio uscir d’affanni,
 s’io nutrisco i miei tiranni
 negli affetti del mio cor?
 
    Che infelice al mondo io sia,
 lo conosco, è colpa mia;
1240non è colpa dello sdegno,
 non è colpa dell’amor.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto che conducono a diverse prigioni; guardie a vista su la porta de’ detti cancelli.
 
 ONORIA, indi EZIO con catene
 
 ONORIA
 Ezio qui venga. È questa gemma il segno (Alle guardie)
 del cesareo volere. Il suo periglio
 mi fa più amante; e la pietà, ch’io sento
1245nel vederlo infelice,
 tal fomento è all’amor ch’io non so come
 si forma nel mio petto
 di due diversi affetti un solo affetto.
 Eccolo. Oh come altero,
1250come lieto s’avanza!
 O quell’alma è innocente, o non è vero
 che immagine dell’alma è la sembianza. (Esce Ezio da uno de’ cancelli, presso de’ quali restano le guardie)
 EZIO
 Questi del tuo germano (Mostrando le catene)
 son, principessa, i doni. Avresti mai
1255potuto immaginarlo? In pochi istanti
 tutto cangiò per me. Cinto d’allori
 del giorno al tramontar tu mi vedesti;
 e poi co’ lacci intorno
 tu mi rivedi all’apparir del giorno.
 ONORIA
1260Ezio, qualunque nasce alle vicende
 della sorte è soggetto. Il primo esempio
 dell’incostanza sua, duce, non sei.
 L’ingiustizia di lei
 tu potresti emendar. Per mia richiesta
1265Cesare l’ira sua tutta abbandona;
 t’ama, ti vuole amico e ti perdona.
 EZIO
 E il crederò?
 ONORIA
                           Sì. Né domanda Augusto
 altra emenda da te che il suo riposo.
 Del tentativo ascoso
1270scopri la trama e appieno
 libero sei. Può domandar di meno?
 EZIO
 Non è poca richiesta. Ei vuol ch’io stesso
 m’accusi per timore. E vuole a prezzo
 dell’innocenza mia
1275generoso apparir. Sa la mia fede,
 prova rossor nell’oltraggiarmi a torto,
 perciò mi vuole o delinquente o morto.
 ONORIA
 Dunque con tanto fasto
 lo sdegno tuo giustificar non dei;
1280e se innocente sei, placide, umili
 sian le tue scuse. A lui favella in modo
 che non possa incolparti,
 che non abbia coraggio a condannarti.
 EZIO
 Onoria, per salvarmi
1285ad esser vile io non appresi ancora.
 ONORIA
 Ma sai che corri a morte?
 EZIO
                                                 E ben, si mora.
 Non è il peggior de’ mali
 alfin questo morir; ci toglie almeno
 dal commercio de’ rei.
 ONORIA
                                            Pensar dovresti