La favola de’ tre gobbi, libretto, Venezia, Savioli, 1770

 Se quest’altro sen vien sarano tre.
 Sì sì, veng’ancor lui,
 soggezion non mi prendo di costui). (Parte il servo)
180Già che non è geloso,
 caro signor barone,
 con buona permissione
 un altro cavalier vuol visitarmi,
 onde la prego in libertà lasciarmi.
 MACCACCO
185Fa... fa... fa... fate pure,
 so anch’i... ch’io la usanza,
 mi mi ritiro in questa stanza. (Entra in un’altra camera)
 MADAMA
 Questo sarebbe il caso,
 per una cui piacesse
190di vivere al gran mondo.
 Ha la vita piegata e il capo tondo.
 IL CONTE
 Al volto porporino
 di madama graziosa umil m’inchino.
 MADAMA
 Io dalle grazie sue resto stordita
195e riverisco il conte Bellavita.
 IL CONTE
 Di me non vi dolete,
 se tardi mi vedete.
 Sono stato finor da certe dame,
 che voglion ballar con fondamento,
200a insegnarle di vita il portamento.
 MADAMA
 Già si sa, già si veda,
 la sua vita ben fatta è cosa rara;
 vezzi e grazie da lei ciascuno impara.
 IL CONTE
 Veda signora mia!
205Osservi in cortesia,
 questi due monticelli,
 ch’io tengo uno per parte,
 son fatti con tal arte
 ch’uno con l’altro in equilibrio accorda
210e sembro appunto un ballarin da corda.