Il filosofo di campagna, libretto, Milano, Ghislandi, 1755

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
940colei che d'ingannarvi ora s'impegna,
 d'essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch'io dico lo so per cosa vera,
945ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch'ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
950Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma vogl'essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
955che convenga sposare
 ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male,
 per me del vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt'è lo stesso.
 LESBINA
960Deh per pietà donate
 perdono all'error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v'adoro anch'io.
 Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
965che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s'è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
970che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l'onestà;
 secondo è la beltà;
975il terzo è la creanza;
 il quarto è l'abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
980sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.