Alessandro nell’Indie, libretto, Stoccarda, Cotta, 1760

 SCENA XIII
 
 Si vede venire per il fiume una magnifica barca, dalla quale scendono molti indiani del seguito di Cleofide portando diversi doni: dopo de’ quali Cleofide istessa incontrata da Alessandro.
 
 CLEOFIDE e detti
 
 CLEOFIDE
 Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
 è quanto di più raro
 o nell'indiche rupi
 o nella vasta oriental marina
510per me nutre e colora
 il sol vicino e la feconda aurora.
 Se non mi sdegni amica, eccoti un dono
 all'amistà dovuto;
 se suddita mi brami, ecco un tributo.
 ALESSANDRO
515Da' sudditi io non chiedo
 altr'omaggio che fede; e dagli amici
 prezzo dell'amistade io non ricevo;
 onde inutili sono
 le tue ricchezze, o sian tributo o dono.
520Timagene, alle navi
 tornino quei tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
 CLEOFIDE
                                       Il tuo comando
 anch'io deggio eseguir, che a me non lice
 miglior sorte sperar de' doni miei.
 Più di quegli importuna io ti sarei. (In atto di partire)
 ALESSANDRO
525Troppo male o regina
 interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.
 CLEOFIDE
 Ubbidirò.
 ALESSANDRO
                      (Che amabile sembianza!)
 CLEOFIDE
 (Mie lusinghe alla prova). (Siedono)
 ALESSANDRO
                                                   (Alma costanza).
 CLEOFIDE
 In faccia ad Alessandro
530mi perdo, mi confondo e non so come...
 le meditate innanzi
 suppliche fra miei labbri io non ritrovo.
 E nel timor che provo,
 or che d'appresso ammiro
535la maestà de' guardi suoi guerrieri,
 scuso il timor de' soggiogati imperi.
 ALESSANDRO
 (Detti ingegnosi).
 CLEOFIDE
                                    A te signor non voglio
 rimproverar le mie sventure e dirti
 le città, le campagne
540desolate e distrutte, il sangue, il pianto
 onde gonfio è l'Idaspe. Ah che da queste
 immagini funeste
 d'una miseria estrema
 fugge il pensiero, inorridisce e trema.
545Sol ti dirò ch'io non avrei creduto
 che venisse Alessandro
 dagli estremi del mondo a' nostri lidi,
 per trionfar con l'armi
 d'una femmina imbelle
550che tanto ammira i pregi suoi, che tanto...
 Oh dio! Pur nel mirarti
 la prima volta io m'ingannai. Mi parve
 placido il tuo sembiante,
 pietoso il ciglio, il ragionar cortese.
555Spiegai la tua clemenza
 come se fosse... Eh rammentar non giova
 le mie folli speranze, i sogni miei,
 che troppo è manifesto
 quale io son, qual tu sei.
 ALESSANDRO
                                               (Che assalto è questo!)
 CLEOFIDE
560Non domando i miei regni,
 non spero il tuo favor. Tanto non oso
 nello stato infelice in cui mi vedo;
 non chiamarmi nemica, altro non chiedo.
 ALESSANDRO
 Nell'udirti o regina
565sì accorta ragionar, vere le accuse
 credei talvolta e meditai le scuse.
 Ma il timore ingegnoso,
 i tronchi accenti e le confuse ad arte
 rispettose querele armi bastanti
570non son per tua difesa. Io da' tuoi regni
 allontanar non feci
 le mie schiere temute e vincitrici
 per lasciarti un asilo a' miei nemici.
 Tu di Poro in soccorso,
575tu contro me...
 CLEOFIDE
                              Che ascolto!
 Sei tu, che parli? E mi sarà delitto
 l'aver pietà d'un infelice amico?
 È tua virtù privata
 forse l'usar pietà? Ne usurpo forse
580la tua ragion quando t'imito? Ah sia
 Cleofide infelice,
 se questo è fallo. Avrà la gloria almeno
 che il gran cor di Alessandro
 seppe imitar. Si perda
585regno, sudditi e vita,
 non questo pregio; inonorata a Dite
 l'ombra mia non andrà, benché in sembianza
 di suddita vi giunga.
 ALESSANDRO
                                         (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 Tu non mi guardi e fuggi
590l'incontro del mio ciglio? Ah non credea
 d'essere agli occhi tuoi
 orribile così. Signor, perdona
 la debolezza mia; questa sventura
 giustifica il mio pianto.
595L'esserti odiosa tanto...
 ALESSANDRO
 Ma non è ver. Sappi... T'inganni... Oh dio.
 (M'uscì quasi da' labbri, idolo mio).