Alessandro nell’Indie, libretto, Stoccarda, Cotta, 1760

 SCENA VIII
 
 PORO, poi GANDARTE
 PORO
 Ecco spezzato il solo
 debolissimo filo a cui s'attenne
1355finor la mia speranza. A che mi giova
 più questa vita? Abbandonato e privo
 della sposa e del regno: in odio al cielo
 grave a me stesso, ed ogni istante esposto
 di fortuna a soffrir gli schemi e l'ire.
1360Ah finisca una volta il mio martire (Entrando s’incontra con Gandarte)
 GANDARTE
 Mio re, tu vivi!
 PORO
                               Amico,
 posso della tua fede
 assicurarmi ancor?
 GANDARTE
                                      Qual colpa mia
 tal dubio meritò?
 PORO
                                   Gandarte, è tempo
1365di darmene un gran pegno. Il brando stringi,
 ferisci questo sen. Da tante morti
 libera il tuo sovrano
 e togli quest'ufficio alla sua mano.
 GANDARTE
 Ah signor...
 PORO
                        Tu vacilli! Il tuo pallore
1370timido ti palesa. Ah fin ad ora
 di tal viltà non ti credei capace.
 GANDARTE
 Agghiacciai, lo confesso,
 al comando crudel. Ma giacché vuoi,
 il cenno eseguirò. (Snuda la spada)
 PORO
                                    Che tardi?
 GANDARTE
                                                          Oh dio!
1375Esposto al regio sguardo
 il rispettoso cor palpita e trema.
 Ah se vuoi sì gran prove,
 volgi, mio re, volgi il tuo ciglio altrove.
 PORO
 Ardisci, io non ti miro. Il braccio invitto
1380conservi nel ferir l'usato stile.   (Poro rivolge il volto non mirando Gandarte e Gandarte allontanandosi da lui, nell’atto d’uccider sé stesso dice:)
 GANDARTE
 «Guarda, signor, se il tuo Gandarte è vile.»