Il filosofo di campagna, libretto, Siena, Bonetti, 1756

 SCENA II
 
 LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m'inganno,
1150di don Tritemio è la figliola.
 EUGENIA
                                                     Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v'è che io
1155ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
 Sono ragazza ancora
 ma d'esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ell'è assai franca).
1160Vorrei, se nol sdegnate...
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei in casa vostra
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1165Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto;
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1170Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n'avvidi che v'era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
1175Che sì, che al genitore
 l'avete fatta bella.
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d'amore.
 LENA
1180(Mi fa pietà). Sentite;
 v'offro l'albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d'altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1185Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro albergo, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato,
 l'innocente desio secondi il fato.
 
1190   Luci vezzose amabili
 che mi feriste il cor,
 labbra vermiglie e tenere
 che m'inspiraste amor,
 voi mi porgete ardir
1195oggi a fuggir così.
 
    E se dal primo dì
 voi mi piagaste il sen,
 deh non negate almen
 conforto al mio dolor.
 
1200   Beltà che adoro e solo
 tu sei quel dolce ardor
 che mi consola.