Il filosofo di campagna, libretto, Milano, Ghislandi, 1757 (Novara)

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
545Perdonate signor...
 LESBINA
                                     La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
550cotali meraviglie,
 soglion tutte le figlie,
 ch'ardono in sen d'amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
555dallo sposo l'anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi; è bello assai.
 Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tal gioie in dito.
560Vedi se t'ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
 codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie ormai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina
565mostrate la bochina un po' ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 È pichiato mi par.
 LESBINA
                                    Vedrò chi sia.
 (Ehi badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)