Il filosofo di campagna, libretto, Firenze, Paperini, 1758 (Pistoia)

 RINALDO
 Ma la ragione almeno
 dite perché né men si vuol ch’io speri.
 DON TRITEMIO
170La ragion?
 RINALDO
                       Vuo’ saper.
 DON TRITEMIO
                                              Sì, volentieri.
 
    La mia ragione è questa;
 mi par ragione onesta.
 La figlia mi chiedeste
 e la ragion vorreste;
175la mia ragion sta qui;
 non posso dir di sì,
 perché vo’ dir di no.
 
    Se non vi basta ancor
 un’altra ne dirò.
180Rispondo: «Signor no,
 perché la vo’ così»;
 e son padron di dirlo,
 la mia ragion sta qui.
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Sciocca ragione, indegna,
185d’anima vil dell’onestà nemica.
 Ma non vuo’ che si dica
 ch’io soffra un tale insulto,
 ch’io debba andar villanamente inulto.
 O Eugenia sarà mia
190o tu, padre inumano,
 ti pentirai del tuo costume insano.
 
    Se nieghi a me l’oggetto
 del mio soave affetto,
 l’alma di sdegno armata
195vendetta alfin vorrà.
 
 SCENA V
 
 Campagna con casa rustica.
 
 NARDO esce di casa con una vanga, accompagnato da alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
200se da noi fu coltivato!
 Presto, presto, a lavorare,
 a potare, a seminare,
 e dipoi si mangerà.
 Del buon vin si beverà;
205ed allegri si starà.
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
210l’avolo ed il bisavolo e il trisavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
215con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 son gli uomini tra noi sempre gl’istessi.
220Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappe, trebbie, rastrelli, vanghe e aratri.
 
 SCENA VI
 
 LENA e detto
 
 LENA
 (Eccolo qui! La vanga
 è tutto il suo diletto).
225Se foste un poveretto,
 compatirvi saprei; ma siete ricco,
 avete dei poderi e de’ contanti,
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
230piuttosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio a maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi;
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
235Sì, volentieri; presto,
 comparisca un marito; eccolo qui,
 vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo, io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace?
 LENA
                                       Signor no.
 NARDO
240Va’ veder se passasse
 a caso per la strada