Il filosofo di campagna, libretto, Torino, Avondo, 1759

 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
 Eh restate, carina.
 LESBINA
                                    Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi... mi piace...
 ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia.
400Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s’io non so.
405Son così, non so far all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua.
 Saprete cos’è.
410Voltatevi in là.
 Lontano da me.
 
    Vuo’ partire, mi sento languire.
 Ah! Col tempo spiegarmi saprò.
 
 SCENA XI
 
 NARDO e poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
415che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo,
 ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
420compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio;
 vi saluto di cuore.
 NARDO
                                   Ed io vi abbraccio.
 DON TRITEMIO
 Or verrà la figliuola.
 NARDO
                                        È già venuta.
 DON TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì, l’ho già veduta.
 DON TRITEMIO
425Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 DON TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 DON TRITEMIO
 Disse niente? Parlò?
 NARDO
                                        Mi disse tanto
 che sperare mi fa d’esser amato.
 DON TRITEMIO
 È vero?
 NARDO
                  È ver.
 DON TRITEMIO
                                (Oh ciel sia ringraziato). (Da sé)
430Ma perché se n’andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
 il cor le inteneriva
 e ne aveva rossore.
 DON TRITEMIO
                                     E viva, e viva.
 Eugenia, dove sei? Facciamo presto;
435conchiudiamo l’affar.
 NARDO
                                          Per me son lesto.
 DON TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA XII
 
 LA LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
 Che volete voi qui? (Alla Lena)
 LA LENA
                                       Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 DON TRITEMIO
 Ora la chiamerò.
 NARDO
440Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LA LENA
 Signor zio, com’è bella?
 NARDO
 La vedrai. È una stella.
 LA LENA
 È galante, è graziosa?
 NARDO
 È galante, è gentile ed è amorosa.
 LA LENA
445Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
450ha messo i nostri cori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
 brillante il cor.
 
 LA LENA
 
455   Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile, (Esce da una camera)
460per voi son misera;
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
 sposina mia.
 
 LA LENA
 
465Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
470Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore