Il filosofo di campagna, libretto, Vienna, Ghelen, [1759]

 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; collà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
1175che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
1180o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò, per compiacervi, o cara,
 ellegete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura,
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
1185Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
1190altri non v’è ch’io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
1195(Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
1200passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
1205ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
1210Me n’avvidi che v’era un qualch’imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
1215voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
1220in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
1225Andiam, Rinaldo amato.
 
    Che bel regnar contenta,
 nel cor del caro bene,
 e senza amare pene
 goder e giubbilar.
 
1230   Le figlie sono nate
 per esser solo amate
 e non per sospirar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
1235per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermativi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
1240Son contadina, è vero.
 Ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
1245secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1250   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
1255   Vorrei un giovinetto,
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1260che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Guerrier, che valoroso
1265nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
 perderla non saprà.
 
    Pianti, fatiche e stenti
 mi costa l’idol mio.
1270Barbaro fatto e rio
 tormela non potrà. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITTEMIO, poi LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia, sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
1275lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani,
 invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
1280di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
1285Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
1290E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 E collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
1295Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA