Il filosofo di campagna, libretto, Reggio, Davolio, 1760

 SCENA XVII
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
1010ch'Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava;
 lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch'io
1015d'amor provo il desio,
 desio però modesto
 e, se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
1020Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t'intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch'Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
1025ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso;
 quando il notaro viene,
1030ch'ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
1035farem due matrimoni e un istromento. (Parte)