Il filosofo di campagna, libretto, Verona, Ramanzini, 1760

 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
535Perdonate, signor.
 LESBINA
                                    La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
540cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch'ardono in sen d'amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto; è ver che avesti
545dallo sposo l'anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco? Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai,
 non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito;
550vedi se t'ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
 cotesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
555mostrate la bocchina un po' ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente).
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)