Il filosofo di campagna, libretto, Barcellona, 1761

 La reverisco etcaetera.
 Vada signor notaro a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
610a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
615Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 TRITEMIO
620Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
625S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì; chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
630S’ella non puole, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
635   La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che;
 
    farò il possibile
640pel vostro merito.
 Che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
645Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna
 col genitore allato;
 della gioia vicino è il dì bramato.
 TRITEMIO
650Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
655Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
660L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 TRITEMIO
 La mano? In verità
665s’ha da far; s’ha da far... se si potrà.
 Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
670Nardo con quell’anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
675non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti
 perfidi m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 TRITEMIO
680La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
 udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
685Un famiglio di Nardo.
 TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
 s’altra cosa non ha da commandare,
690per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO