Il filosofo di campagna, libretto, Milano, Montano, 1762

 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
915Signor zio, signor zio, che cosa fate;
 lontana discacciate
 colei che d'ingannarvi ora s'impegna,
 d'essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
920data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch'io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch'ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
925Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
930ma vogl'essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male,
935per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt'è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all'error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v'adoro anch'io.
940Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
945Peggio è assai s'è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è,
950il primo è l'onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l'abbondanza;
 il quinto è la virtù
955ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.