Il filosofo di campagna, libretto, Milano, Montano, 1762

 del buon vin si beverà
10ed allegri si starà. (Partono i contadini restandone uno impiegato)
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
15l’avolo ed il bisavolo e il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato,
 se il padre ha accumulato
20con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gli uomini ognor sempre gl’istessi.
25Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappe, trebbie, rastri, vanghe ed aratri.
 
 SCENA II
 
 LENA ed il sudetto
 
 LENA
 Eccolo qui, la vanga
 è tutto il suo diletto.
30Se foste un poveretto,
 compatirvi vorrei ma siete ricco,
 avete dei poderi e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
35più tosto che parlar come una sciocca
 fareste meglio a maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi,
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
40Sì, volontieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace?
 LENA
                                       Signor no.
 NARDO
45Va’ a veder se passasse
 adesso per la strada
 qualche affamato con perucca e spada. (Al villano che parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
 Povera vanarella,
50tu sposeresti un conte od un marchese,
 perché in meno d’un mese,
 strapazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà si riducesse al nulla.
 LENA
 Io non voglio signor un contadino
55ma voglio un cavaliere o un citadino
 ricco sfondato e che mi voglia bene.
 Ah se qui non fosse, lo troverei ben bene.
 
    Francia mia, ove sei tu?
 In campagna? Ohibò, ohibò!
60Non mi posso veder più.
 
    Dove son quegl’inglesini,
 dove son quei parigini
 che la mano mi bacciassero,
 che venissero e regalassero,
65che facessero a chi può più.
 
 SCENA III
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
 che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina;
 ma la vuo’ maritar da contadina.
70Ecco; il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
 e lo stato cambiare ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
 diventar cittadino; il cittadino
75cerca nobilitarsi
 ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi
 d’un gradino alla volta.
 Qualchedun si contenta;
 alcuno due o tre ne fa in un salto;
80ma lo sbalzo è peggior quanto è più alto. (Parte)
 
 Nota bene: aria di Nardo alla fine del libro
 
 SCENA IV
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO
 
 RINALDO
 Ecco della mia bella
 il genitor felice.
 DON TRITEMIO
 (Per la villa si dice
 che Nardo ha un buono stato
85e da tutti filosofo è chiamato).
 RINALDO
 (Sorte non mi tradir). Signor.
 DON TRITEMIO