Il filosofo di campagna, libretto, Praga, Jaurnich, 1765 (Karlsbad)

 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
1250ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
1255Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
1260l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
1265civile e graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì.
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato.
1270Se del mio volto il tutto a lui palese
 si renderà, non lo pavento irato.
 
    È folia se nascondete
 fidi amanti il vostro foco,
 a scoprir basta improviso
1275un rossor che accenda il viso,
 uno sguardo ed un sospir. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
1280lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
1285di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
1290Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.