Il filosofo di campagna, libretto, Livorno, Coltellini, 1768

 SCENA XIII
 
 LENA e detti
 
 LENA
855Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d'ingannarvi ora s'impegna,
 d'essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
860data la fé di sposa!
 LENA
                                     Eh signor no,
 quel ch'io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maladetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch'ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
865Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro;
 per voi languisco e moro,
 confesso il mio fallire;
870ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
875Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt'è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all'error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v'adoro anch'io.
880Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente;
 sposare una servente
 che cosa importa a me se bella e buona?
885Peggio assai se è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me;
 di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
890Il primo è l'onestà,
 secondo è la beltà,
 il terzo è la creanza,
 il quarto è l'abbondanza,
 il quinto è la virtù
895ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.