Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Griffin, 1769

 Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
1115battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
1120   Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
1125Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
1130   Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
1135Sospendete, non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
1140   Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
1145che da poi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
1150Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento;
 parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
1155siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio, colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
1160che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non sia ver, Rinaldo.
 Ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
1165o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò, per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura,
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
1170Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
1175altro non v’è che io
 ed un uomo da bene qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.