Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Griffin, 1769

40si sospira, si piange; e se non basta
 si fa un po’ la sdegnosa e si contrasta.
 EUGENIA
 Ah! Mi manca il coraggio.
 LESBINA
                                                 Io v’offerisco
 quel che so, quel che posso; è ver che sono
 in una età da non prometter molto
45ma posso, se m’impegno,
 far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 EUGENIA
 Cara, di te mi fido. Amor, pietade
 per la padrona tua serba nel seno.
 Se non felice appieno,
50almen fa’ ch’io non sia sì sventurata.
 LESBINA
 Meglio sola che male accompagnata.
 Così volete dir? Sì sì v’intendo.
 EUGENIA
 Dunque da te qualche soccorso attendo.
 
    Se perde il caro lido,
55sopporta il mar che freme,
 lo scoglio è quel che teme
 il misero nocchier.
 
    Lontan dal caro bene
 soffro costante e peno;
60ma questo core almeno
 rimanga in mio poter. (Via)
 
 SCENA II
 
 LESBINA, indi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina!
 Affé la compatisco;
 quest’anch’io la capisco;
65insegna la prudenza,
 se non s’ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITEMIO
 Che si fa, signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina
 raccogliere volea per desinare.
 DON TRITEMIO
70Poco fa t’ho sentito cantuzzare.
 LESBINA
 È ver, colla padrona
 mi divertivo un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 che cantate s’avranno
 canzonette d’amor.
 LESBINA
                                      Eh non signore.
75Di questo e di quel fiore,
 di questo e di quel frutto
 si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Ne volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                  Ne sentirò.
 LESBINA
 Qualche strofetta canterò a proposito.
 DON TRITEMIO
80Ah ragazze, farei uno sproposito.
 LESBINA
 Sentite, padron bello,
 la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovine,
 son fresco e bello,
85son tenerello,
 di buon sapor.
 
    Ma quando invecchio,
 gettato sono,
 non son più buono
90per pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
 Una ne vuo’ cantar su la cicoria.
 
    Son fresca, son bella
 cicoria novella;
95mangiatemi presto,
 coglietemi su.
 
    Se resto nel prato,
 radicchio invecchiato,
 nessuno si degna
100raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
 Senti, ragazza mia,
 questa canzone ha un poco d’allegria.
 Tu sei, Lesbina bella,
 cicorietta novella;
105prima che ad invecchiarti vada il frutto,
 esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
 Per me v’è tempo ancora.
 Dovreste alla signora
 pensar, caro padrone;
110or ch’è buona stagione,
 or ch’è frutto maturo e saporito,
 non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato;
 sposo le ho destinato e avrallo presto.
 LESBINA
115Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è codesto.
 LESBINA
 Di quella tenerina
 erbetta cittadina
 la bocca d’un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
 E la prudenza insegna
120ch’ogni erba si contenti
 aver qualche governo,
 pur ch’esposta non resti al crudo verno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
 pria di vederla così mal troncata,
125per la neve lasciar la mia insalata.
 DON TRITEMIO
 Tu sei un bocconcino
 per il tuo padroncino.
 LESBINA
                                          Oh! Oh! Sentite
 un’altra canzonetta ch’ho imparata
 sul proposito mio dell’insalata.
 
130   Non raccoglie le mie foglie
 vecchia mano di pastor.
 
    Voglio un bello pastorello,
 che vuo’ star nel prato ancor.
 
 DON TRITEMIO
 Allegoricamente
135m’ha detto che con lei non farò niente.
 E pure io mi lusingo
 che a forza di finezze
 tutto supererò,
 che col tempo con lei tutto farò.
140Per or d’Eugenia mia
 liberarmi mi preme;
 un buon partito Nardo
 per lei sarà riccone;
 è un villano, egli è ver, ma sapientone.
 
 SCENA III
 
 RINALDO e detto
 
 RINALDO
145(Ecco della mia bella
 il genitor felice).
 DON TRITEMIO
 Per la villa si dice
 che Nardo ha un buono stato
 e da tutti il filosofo è chiamato.
 RINALDO
150(Sorte non mi tradir). Signor.
 DON TRITEMIO
                                                         Padrone.
 RINALDO
 Se lei mi permettesse,
 le direi due parole.
 DON TRITEMIO
 Anche quattro ne ascolto e più, se vuole.
 RINALDO
 Non so se mi conosca.
 DON TRITEMIO
                                          No, mi pare.
 RINALDO
155Di me si può informar;
 son cavaliere e sono i beni miei
 vicino a’ suoi.
 DON TRITEMIO
                            Mi rallegro con lei.
 RINALDO
 Ella ha una figlia?
 DON TRITEMIO
                                    Sì signore.
 RINALDO
                                                          Dirò...
 Se fossi degno... Troppo ardire è questo
160ma mi sprona l’amore...
 DON TRITEMIO
                                              Intendo il resto.
 RINALDO
 Dunque signor...
 DON TRITEMIO
                                  Dunque, signor mio caro,
 per venire alle corte, vi dirò...
 RINALDO
 M’accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                          Signor no.
 RINALDO