Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Griffin, 1769

185un’altra ne dirò;
 rispondo: «Signor no.
 Perché la vuo’ così»
 e son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui.
 
 RINALDO
190Sciocca ragion indegna
 d’anima vil! Dell’onestà nemica!
 Ma non vuo’ che si dica
 ch’io soffro un tale insulto,
 ch’io debba andar villanamente inulto.
195O Eugenia sarà mia
 o tu padre inumano
 ti pentirai del tuo costume insano.
 
    Taci amor nel seno mio,
 finché parla il giusto sdegno;
200o prendete ambi l’impegno
 i miei torti a vendicar.
 
 SCENA IV
 
 NARDO e villani
 
 Campagna con ordegni villaneschi per coltivar le terre.
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
205   Oh che pane delicato!
 se da noi fu coltivato.
 Presto, presto a lavorare,
 a putare, a seminare,
 e da poi si mangierà
210e del vin si beverà. (Partono i villani)
 
 Vanga mia benedetta, mio diletto,
 mio conforto felice e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
215l’avolo, il bisavolo ed il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e ’l cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia in stato;
 se il padre ha accumulato
220con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui, dove non li tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gli uomini ognor sempre l’istessi.
225Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappe, trebbie, rastei, vanghe ed aratri.
 
 SCENA V
 
 LENA e detto
 
 LENA
 (Eccolo qui, la vanga
 è tutto il suo diletto).
230Se foste un poveretto,
 compatir vi vorrei; ma siete ricco;