Il filosofo di campagna, libretto, Bologna, Sassi, 1770

 LESBINA
 
 No non si trova,
 più bella pace,
 più caro ardor.
 
 SCENA VIII
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
1380Diammane, ch’ho sentito?
 Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia;
 che la filosofia
 colle ragioni sue
1385accordasse ad un uom sposarne due?
 Quel che pensar non so...
 All’uscio io picchierò, verranno fuori,
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA IX
 
 LENA in finestra e detto
 
 LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
1390cosa si fa là dentro?
 LENA
 Finito è l’istromento.
 Si fan due matrimoni;
 fra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
1395se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi quai son?
 LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto, mi vien caldo.
 LENA
 E l’altra, padron mio,
1400è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina? Ohimè! No, non lo credo.
 LENA
 Eccoli tutti quattro.
 TRITEMIO
                                      Ahi cosa vedo!
 
 CORO
 
 EUGENIA
 
    Ah genitor, perdona.
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà.
 
 LESBINA
 
1405   Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
 Questa è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi, scellerati,
 vi siete accomodati.
 Senza la figlia resto,
1410senza la sposa resto;
 che bella carità!
 
 LENA
 
    Quando di star vi preme (A Tritemio)
 con una sposa assieme,
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
1415   Per far dispetto a lei, (Per Eugenia)
 per disperar costei,
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 sia per dispetto,
1420amore al core
 piacer dovrà.
 
 
 Fine
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Drama giocoso per musica da rappresentarsi nel teatro di questa elettorale corte nel mese di febbraio 1764, per commando di sua altezza eminentissima elettorale Massimiliano Frederico, arcivescovo di Colonia, principe ed elettore del sacro romano impero, arcicancelliere in Italia, legato nato della sede aspostolica, vescovo e principe di Münster, duca di Westphalia ed Angaria, conte di Königsegg Rottenfels, burggravio di Stromberg, signore d’Odenkirchen, Borkelohe, Werth, Aulendorff e Stauffen, eccetera, eccetera, per la direzzione del signor Angelo Mingotti, direttore dell’opere italiane.
    In Münster, presso il Giuseppe Hermann Kördinck, nella stamparia di sua altezza eminentissima elettorale.
 
 
 Altezza eminentissima elettorale,
    quel ardentissimo desiderio che ho sempre mai nudrito di far palese al mondo tutto l’innalterabile e dovuta mia venerazione per questa elettorale corte ho avuta la bella sorte di dimostrarlo in quest’occasione che godo l’alto onore di servire all’altezza vostra eminentissima elettorale e con l’abbandono dell’Italia ed altre corti della Germania, essendo stimato il vostro merito o gran principe incomparabile per tutti i titoli da chiunque e con parziale distinctione da me.
    È tale e tanta la clemenza ed umiltà di vostra altezza eminentissima elettorale verso chiunque che mi fa coraggio (contro ogni mia voglia) d’esporre sopra questo teatro alla vista d’un principe di tanto merito ed intelligenza uno spettacolo (abbenché non intieramente completto) e per retta consequenza non degno della presenza dell’altezza vostra emimentissima elettorale.
    Un vostro commando mi fa ubbidire. Eccolo adunque che ve lo presento e pongo sotto la souvranna vostra protezzione, per essere (ancor che immeritevole) protetto dalla souvranna autorità e padronanza di vostra altezza eminentissima elettorale, mediante la qual protezzione spero di diffenderlo da quella tassa temo abbia (per sola mia mancanza) a meritarsi da questo abenché grazioso auditorio.
    Non altro a me s’aspetta che supplicare genuflesso l’altezza vostra eminentissima elettorale d’un generoso perdono e compatimento a’ mie mancanze promettendo ed assicurando vostra altezza eminentissima elettorale che in avenire averò l’onore d’esporre al vostro gran merito opere più degne della vostra approvazione, a’ piedi di cui con profondissimo osequio mi fo l’onore di dichiararmi di vostra altezza eminentissima elettorale umilissimo, devotissimo, obsequiosissimo servitore.
 
    Angelo Mingotti, direttore dell’opere italiane
 
 
 PERSONAGGI
 
 EUGENIA figlia di donna Alcea
 (la signora Marianna De Grandis di Roma)
 RINALDO gentiluomo amante di Eugenia
 (la signora Marianna De Padulli, virtuosa della Capella di sua altezza eminentissima elettorale di Colonia)
 NARDO ricco contadino detto il Filosofo
 (il signor Francesco De Grandis di Roma)
 LESBINA cameriera di casa di donna Alcea
 (la signora Francesca Mucci di Roma)
 LA LENA nipote di Nardo
 (la signora Caterina Isola di Bologna)
 DONNA ALCEA cittadina abbitante in villa
 (la signora Anna Isola di Genova)
 CAPOCCHIO notaro della villa
 (il signor N.N.)
 
    La poesia del signor dottore Carlo Goldoni. La musica è del celebre signor Baldissera Galluppi detto il Buranello.
 
 
 DECORAZIONI
 
    Atto primo: giardino; casa rustica in campagna; salotto con diverse porte.
    Atto secondo: camera; casa rustica sudetta; camera sudetta.
    Atto terzo: casa rustica sudetta.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di donna Alcea.
 
 EUGENIA con un ramo di gelsomini, LESBINA con una rosa in mano
 
 EUGENIA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai, vicino a sera,
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa onor de’ fiori,
 fresca piaci ed innamori
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’apprezza,
 s’abbandona allorché perde
 il bel verde dell’età.
 
 EUGENIA
 Basta, basta, non più,
 che codesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 padrona, io vi consiglio,
 per sfuggir della rosa il rio periglio.
 EUGENIA
 Ah! Che sotto a una madre
20asprissima e severa
 far buon uso non spero
 di questa età che della donna è il fiore;
 troppo, troppo nemico ho quel suo core.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25la intesi ragionar.
 EUGENIA
                                   Nozze infelici
 sarebbero al cuor mio le divisate
 dall’avarizia sua. Dell’uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorria consorte.
 L’abborisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlareste,
 s’ei proponesse al vostro cor Rinaldo.
 EUGENIA
 Lesbina... Oimè...
 LESBINA
                                   V’ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco; un cavalier gentile
 in tutto a voi simile,
35nella età, nel costume e nell’amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 EUGENIA
 Ma il genitor mi nega...
 LESBINA
 Si supplica, si prega,
 si sospira, si piange e se non basta
40si fa un po’ la ritrosa e si contrasta.
 EUGENIA
 Ah mi manca il coraggio.
 LESBINA
                                                Io vi offerisco
 quel che so, quel che posso. È ver che sono
 in una età da non prometter molto;
 ma posso, se m’impegno,
45far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 EUGENIA
 Cara di te mi fido. Amor, pietade
 per la padrona tua serba nel seno;
 se non felice appieno,
 almen fa’ ch’io non sia sì sventurata.
 LESBINA
50Meglio sola che male accompagnata!
 Così volete dir; sì sì, v’intendo.
 EUGENIA
 Dunque da te qualche soccorso attendo.
 
    Pria di lasciar la sponda
 mira il nocchier attento
55come s’increspa l’onda,
 dove più spira il vento
 e poi s’espone al mar.
 
    E alle procelle appresso
 sprezza quel’onda irata,
60sdegna quel vento istesso
 di cui potea tremar.
 
 SCENA II
 
 LESBINA e DONNA ALCEA
 
 LESBINA