Il filosofo di campagna, libretto, Bologna, Sassi, 1770

 la mia ragion sta qui. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
185Sciocca ragione indegna
 d’anima vil de l’onestà nemica.
 Ma non vuo’ che si dica
 ch’io soffra un tale insulto,
 ch’io debb’andar villanamente inulto.
190O Eugenia sarà mia
 o tu, madre inumana,
 ti pentirai del tuo costume, insana.
 
    Ah, non son io che parlo.
 È il barbaro dolore
195che mi divide il core,
 che delirar mi fa.
 
    Non cura il ciel tiranno
 l’affanno in cui mi vedo,
 un fulmine gli chiedo
200e un fulmine non ha.
 
 SCENA V
 
 Campagna con casa rustica.
 
 NARDO esce di casa con una vanga accompagnato da alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
205se da noi fu coltivato!
 Presto, presto a lavorare,
 a portare, a seminare,
 e dappoi si mangerà,
 del buon vin si beverà
210ed allegri si starà. (Partono i contadini, restandone uno impiegato)
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
215l’avolo ed il bisavolo ed il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca, il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
220con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui, dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gl’uomini ognor sempre gl’istessi.
225Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e dei teatri
 zappe, trebbie, rastrei, vanghe ed aratri.
 
 SCENA VI
 
 LENA e NARDO
 
 LENA
 Eccolo qui; la vanga
 è tutto il suo diletto.
230Se foste un poveretto (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete de’ poderi e de’ contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia
235più tosto che parlar come una sciocca
 faresti meglio a maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi;
 voi potreste pensare a maritarmi.
 NARDO
240Sì volentieri. Presto
 comparisca un marito? Eccolo qui!
 Voi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo. Io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace?
 LENA
                                       Signor no.
 NARDO
245Va’ a veder se passasse
 a caso per la strada
 qualche affamato con perucca e spada.
 Vedi; ride Mingone e ti corbella.
 Tu sposaresti un conte o un marchese
250perché in meno d’un mese
 strapazzata la dote e la fanciulla
 la nobiltà ti riducesse a nulla.
 LENA
 Io non voglio un signor né un contadino;
 mi basta un cittadino
255che stia bene.
 NARDO