Lo frate ’nnamorato, libretto, Napoli, De Bejase, 1734

 SCENA V
 
 Vannella e Cardella a li barcune, e li ditte
 
 VANNELLA
 Sì Don Pietro, ve dice la sia Nena,
 che uscia la compiatesca: perché mmo
160affaccià non se po.
 CARDELLA
 Sio Carlo, manna a ddì la sia Luggrezia,
 che la scosate: perché mo ha da fa,
 e non se po affaccià.
 DON PIETRO
 E bon prode nci faccia e sanità.
165Vanno nconzierto.
 CARLO
                                    Or vedi congiunture!
 VANNELLA
 Ve vedite oje.
 CARDELLA
                            Oje po ve vedite.
 A DUE
 (E cconzolate tutte duje starrite). (Traseno)
 DON PIETRO
 Io corrivo nce so poter di Bacco!
 CARLO
 Che ve ne par?
 DON PIETRO
                               Donné moé tabacco.
170Spassamonce li frate.
 CARLO
                                          Che s'ha a fare?
 Bisogna compatire
 le donne, poverette: spesso stanno
 con gli affari di casa.
 DON PIETRO
                                        Ma noi altri
 nnammorati focosi, si n'avimmo
175le nnammorate pronte,
 per un bondì facciamo tutto a monte.
 CARLO
 Ah! Non son questi sensi
 degni di sua bontà...
 DON PIETRO
                                        Lei dica a Nena...
 CARLO
  Che mai?
 DON PIETRO
                      Lasciate un poco che ci pensi.
 
180   Le dirà:
 che il suo vago cicisbeo
 stava qua,
 caldo caldo infervorato,
 per poterla vagheggiar;
185poi restato
 freddo freddo qual chiafeo;
 infadato andò a malor.
 
    Ma non tema: che fedele
 io saprò qui ritornar;
190passarà l'infadamento,
 perché al fine io non ho fele;
 tenerello, come unguento,
 tutto affetto è questo cor.