Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Torino, Stamperia Reale, 1752 (Il mondo al rovescio o sia Le donne che comandano)

 perché la dote e il padre suo mi piace.
 Con patto che non sia
 gonfia di vento, piena di albagia.
 LENA
270L’avete ancor veduta?
 NARDO
 Ieri solo è venuta
 ed oggi la vedrò.
 LENA
                                 Dunque chi sa
 s’ella vi piacerà.
 NARDO
                                Basta non abbia
 visibili magagne,
275sono le donne poi tutte compagne.
 LENA
 Amogliatevi presto, signor zio,
 ma voglio poscia maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità,
280io sono una orfanella
 che madre più non ha.
 Voi siete il babbo mio,
 vedete, caro zio,
 ch’io cresco nell’età.
 
285   La vostra nipotina
 vorrebbe... poverina...
 Sappiate... M’intendete...
 Movetevi a pietà.
 
 SCENA VII
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
290che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina
 ma la vo’ maritar da contadina.
 Ecco, il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
295e lo stato cambiar ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
 diventar cittadino.
 Il cittadin cerca nobilitarsi.
 Ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi.
300D’un gradino alla volta
 qualchedun si contenta,
 alcuno due o tre ne fa in un salto
 ma lo sbalzo è peggior quanto è più alto.
 
    Vedo quell’albero
305che ha un pero grosso,
 pigliar nol posso,
 si balza in su.
 
    Ma fatto il salto,
 salito in alto,
310vedo un perone
 grosso assai più.
 
    Prender lo bramo,
 m’alzo sul ramo,
 vado più su.
315Ma poi precipito
 col capo in giù.
 
 SCENA VIII
 
 Salotto in casa di don Tritemio con varie porte.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Deh se mi amate, o caro,
 ite lontan da queste soglie. Oh dio!
 Temo che ci sorprenda il padre mio.
 RINALDO
320Del vostro genitore
 il soverchio rigor vi vuole oppressa;
 deh pensate a voi stessa.
 EUGENIA
                                               Ai numi il giuro,
 non sarò d’altri, se di voi non sono.
 Ah se il mio cor vi dono,
325per or vi basti e non vogliate, ingrato,
 render lo stato mio più sventurato.
 RINALDO
 Gradisco il vostro cor ma della mano
 il possesso mi cale...
 EUGENIA
                                       Oimè, chi viene?
 RINALDO
 Non temete, è Lesbina.
 EUGENIA
                                             Io vivo in pene.
 
 SCENA IX
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
330V’è chi cerca di voi, signora mia.
 EUGENIA
 Il genitore!
 LESBINA
                        Oibò. Sta il mio padrone
 col suo fattor contando dei denari
 né si spiccia sì presto in tali affari.
 RINALDO
 Dunque chi è che la dimanda?
 LESBINA
                                                          Bravo,
335voi pur siete curioso.
 Chi la cerca, signore, è il di lei sposo.
 RINALDO
 Come?
 EUGENIA
                 Che dici?
 LESBINA