Antigono, libretto, Lucca, Benedini, 1746

 SCENA II
 
 ISMENE, poi DEMETRIO in abito di soldato d’Epiro
 
 ISMENE
785Or che farò! Se affretto
 Agenore all'assalto, è d'Alessandro
 vittima il padre; e se ubbidir ricuso
 lo sarà di sé stesso. Onde consiglio
 in tal dubbio sperar?
 DEMETRIO
                                         Lode agli dei; (Senza veder Ismene)
790ho la metà dell'opra.
 ISMENE
                                        Ah dove ardisci
 german...
 DEMETRIO
                     T'accheta Ismene. In queste spoglie
 un de' custodi io son creduto.
 ISMENE
                                                        E vuoi...
 DEMETRIO
 Cambiar veste col padre,
 far ch'ei si salvi e rimaner per lui.
 ISMENE
795Fermati. Oh generosa
 ma inutile pietà!
 DEMETRIO
                                  Perché? Di questo
 orrido loco al limitare accanto
 ha il suo nascosto ingresso
 la sotteranea via che al mar conduce.
800Esca Antigono quindi e in un momento
 nel suo campo sarà.
 ISMENE
                                       Racchiuso, o dio,
 Antigono è colà. Né quelle porte
 senza la regia impronta
 v'è speranza d'aprir.
 DEMETRIO
                                        Che! Giunto invano
805fin qui sarei?
 ISMENE
                            Né il più crudele è questo
 de' miei terrori. Antigono ricusa
 furibondo ogni patto. Odia la vita;
 ed ha seco un velen.
 DEMETRIO
                                       Come! A momenti
 dunque potrebbe... Ah s'impedisca. Or tempo
810è d'assistermi, o numi. (In atto di snudar la spada e partire)
 ISMENE
                                              Oimè! Che speri?
 DEMETRIO
 Costringere i custodi
 quelle porte ad aprir. (Come sopra)
 ISMENE
                                           T'arresta. Affretti
 così del padre il fato.
 DEMETRIO
                                         È ver. Ma intanto
 se il padre mai... Misero padre! Addio.
815Soccorerlo convien. (Risoluto)
 ISMENE
                                       Ma qual consiglio?
 DEMETRIO
 Tutto oserò, son disperato e figlio. (Parte)
 ISMENE
 Funesto ad Alessandro
 quell'impeto esser può. Che per l'ingrato
 già palpiti, o cor mio?
820Ah per quanti a tremar nata son io!
 
    Che pretendi Amor tiranno;
 ai più barbari martiri
 tutti or deggio i miei sospiri,
 non ne resta un sol per te.
 
825   Non parlar d'un incostante;
 or son figlia e non amante;
 e non merita il mio affanno
 chi pietà non ha di me. (Parte)