Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Lipsia, 1754

 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gli ne darò,
 purché sicuro sia con fondamento
480e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo! È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite, signor...
 DON TRITEMIO
                                       La riverisco.
 RINALDO
485Compatite se ardisco
 replicarvi l’incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
490di me vi mostrerà
 titoli, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
495ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo!
 Questa è una cosa bella in verità.
500Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
505di comprede, di censi e di livelli;
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
510quattro valloni;
 anno millesimo
 una duchea;
 milletrentesimo
 una contea
515emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
520Sic etcaetera,
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada, signor notaro, co’ suoi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
525a prendere altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì; la vostra casa
 ricca, nobile e grande ogni ora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
530Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
535Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima.
 
    Sono di tutti amico,
540son vostro servitor;
 un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
 verrà; ma dubito,
545sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito;
 che per i titoli,
550per i capitoli,
 anche in preterito
 famoso egli è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 DON TRITEMIO
555Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
560Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia;
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
565L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
570s’ha da far; s’ha da far... se si potrà,