Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Venezia, Fenzo, 1755 (Padova)

 mio diletto conforto e mio sostegno.
 Tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
200l’avolo ed il bisavolo ed il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca, il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
205con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui, dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gl’uomini ognor sempre gl’istessi.
210Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e dei teatri
 zappe, trebbie, rastrei, vanghe ed aratri.
 
 SCENA VI
 
 LENA ed il sudetto
 
 LENA
 Eccolo qui; la vanga
 è tutto il suo diletto. (Da sé)
215Se foste un poveretto, (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete dei poteri e dei contanti;
 la fatica lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
220più tosto che parlar come una sciocca,
 fareste meglio maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e coi famigli
 stanca son d’annoiarmi;
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 NARDO
225Sì, volentieri. Presto
 comparisca un marito. Eccolo qui. (Accenna un villano)
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccola io ve la do.
 Lo volete? Vi piace? (A Lena)
 LENA
                                        Signor no.
 NARDO
230Va’ a veder se passasse
 a caso per la strada
 qualche affamato con parucca e spada. (Al villano, il quale parte ridendo)
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella.
 Povera vanarella!
235Tu sposeresti un conte o un marchese,
 perché in meno d’un mese,
 strappazzata la dote e la fanciulla,
 la nobiltà ti riducesse al nulla.
 LENA
 Ammogliatevi presto signor zio
240ma voglio poscia maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
 Io son un’orfanella
 che madre più non ha.
245Voi siete il babbo mio.
 Vedete caro zio
 ch’io cresco nell’età.
 
    La vostra nipotina
 vorrebbe poverina...
250Sapete... M’intendete...
 Movetevi a pietà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
 che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina;
255ma la vuo’ maritar da contadina.
 Ecco; il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
 e lo stato cambiare ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
260diventar cittadino; il cittadino
 cerca nobilitarsi
 ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi.
 D’un gradino alla volta
 qualchedun si contenta;
265alcuno due o tre ne fa in un salto
 ma lo sbalzo è peggior quanto è più alto.
 
    Vedo quell’albero
 che ha un pero grosso,
 pigliar nol posso,
270si sbalzi in su.
 
    Ma fatto il salto,
 salito in alto,
 vedo un perone
 grosso assai più.
 
275   Prender lo bramo,
 m’alzo sul ramo,
 vado più in su;
 ma poi precipito
 col capo in giù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA, poi NARDO
 
 LESBINA
280Capperi! S’attacava
 prestamente al partito.
 Troppo presto volea far da marito.
 Ecco il ricco villano;
 ora son nell’impegno;
285tutta l’arte vi vuol, tutto l’ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci son io.