Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Bologna, Sassi, 1756

 e non usano molto amar la moglie.
250Per pratica comune
 nelle cittadi usata,
 è maggiore l’uscita dell’entrata.
 LENA
 Il signor don Tritemio
 è cittadino, eppure
255così non usa
 ma in villa se ne sta
 perché nella città vede il pericolo
 d’esser vizioso o diventar ridicolo.
 Della figliuola sua
260v’han proposte le nozze, io ben lo so.
 NARDO
 Ed io la sposerò,
 perché la dote e il padre suo mi piace,
 con patto che non sia
 gonfia di vento e piena d’albagia.
 LENA
265L’avete ancor veduta?
 NARDO
 Ieri solo è venuta.
 Oggi la vederò.
 LENA
                               Dunque chi sa
 s’ella vi piacerà.
 NARDO
                                Basta non abbia
 visibili magagne;
270sono le donne poi tutte compagne.
 LENA
 Ammogliatevi presto, signor zio;
 ma voglio poscia maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità.
275Io son un’orfanella
 che madre più non ha.
 Voi siete il babbo mio;
 vedete, caro zio,
 ch’io cresco nell’età.
 
280   La vostra nipotina
 vorrebbe, poverina...
 Sapete... M’intendete...
 Movetevi a pietà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signora, non dubiti,
285che contenta sarà.
 La si mariterà la poverina;
 ma la vuo’ maritar da contadina.
 Ecco; il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
290e lo stato cambiare ognun si prova.
 Vorrebbe il contadino
 diventar cittadino; il cittadino
 cerca nobilitarsi
 ed il nobile ancor vorrebbe alzarsi.
295D’un gradino alla volta
 qualchedun si contenta;
 alcuno due o tre ne fa in un salto
 ma lo sbalzo è peggiore quanto è più alto.
 
    Vedo quell’albero
300che ha un pero grosso,
 pigliar nol posso,
 si sbalzi in su.
 
    Ma fatto il salto,
 salito in alto,
305vedo un perone
 grosso assai più.
 
    Prender lo bramo,
 m’alzo sul ramo,
 vado più in su.
310Ma poi precipito
 col capo in giù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Salotto in casa di don Tritemio con varie porte.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Deh se mi amate, o caro,
 ite lontan da queste soglie. Oh dio!
 Temo che ci sorprenda il padre mio.
 RINALDO
315Del vostro genitore
 il soverchio rigor vi vuole oppressa.
 Deh pensate a voi stessa.