Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Monaco, Vötter, 1758

 Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
1150Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
 Sospendete... Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
1155   Dov’è Eugenia?
 
 TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera.
 Non sapendosi etcaetera
1160se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dappoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
1165a quest’ora è maritata;
 È presente la servente;
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor. Tremo, pavento.
1170Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
1175Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1180No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
1185eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
1190pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo dabben qual è mio zio.
 EUGENIA
1195Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza, ella è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
1200vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1205Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite;
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1210Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 (Correr una bugia lasciar non voglio). (Da sé)
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
1215Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
1220(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1225Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi; quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
 l’innocente desio seconda il fato.
 
1230   Che mai più bramar poss’io?
 Più non chiamo ingiusto amore,
 mi son dolci le sue pene,
 s’è costante il caro bene