Il mondo della luna, libretto, Praga, 1755

 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede. Tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
275Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
280Che badi a' fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse,
 e dall'aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
285al nostro genitor, convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io, per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l'ora d'essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose,
290avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi
295ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca.
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch'io lo guarirei
300o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
305Se l'accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch'io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell'Ecclitico vostro
310è un uom ch'altro non pensa
 che a contemplar or l'una, or l'altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna, ovvero al sole,
315la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente,
 maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
320Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia
 e il padre a me si oppone,
 io temo che all'amor ceda ragione.
 
    Nell'orrore di fiera tempesta,
325vede il cielo già torbido e nero,
 ode il mare che mormora e freme
 e confuso, tremante il nocchiero
 già la speme si sente mancar.
 
    Così l'alma che chiudo nel seno,
330agitata da barbare pene,
 il timor del perduto suo bene
 fra l'angoscia la fa palpitar.